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PALAZZO DEI NORMANNI

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Di Lasterketak – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=41628399

Il Palazzo dei Normanni, noto anche come Palazzo Reale,[1][2][3] si trova a Palermo ed è attualmente sede dell’Assemblea regionale siciliana. Il palazzo è la più antica residenza reale d’Europa, dimora dei sovrani del Regno di Sicilia, sede imperiale con Federico II e Corrado IV e dello storico Parlamento siciliano. Al primo piano del palazzo sorge la Cappella Palatina. L’ala ovest è assegnata all’Esercito italiano.

È uno dei monumenti più visitati nell’isola[4]. I servizi aggiuntivi turistici sono curati dalla Fondazione Federico II; Gli ingressi principali (quello parlamentare e quello turistico) sono su piazza del Parlamento, quello carraio è sul lato di piazza Indipendenza.

Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell’umanità (Unesco) nell’ambito del sito seriale Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale.

L’attuale palazzo ingloba nelle fondamenta stratificazioni dei primi insediamenti fortificati d’origine fenicio – punica databili fra l’VIII e il V secolo a.C., le cui tracce riemergono nelle campagne di studi nelle segrete e nei sotterranei. Queste fortificazioni costituivano il nucleo sociale e politico dei primitivi insediamenti che formavano la paleopolis, aggregato contrapposto alla zona sacra, destinata al culto pagano e alle sepolture, ubicata qualche centinaio di metri più a NE a ridosso del fiume Papireto. Quest’ultima area, futura neapolis, è oggi identificabile col piano della cattedrale, il campanile ravvisabile nell’alta torre di avvistamento incastonata nella cinta muraria della cittadella fortificata, nonché da una fitta rete di ambienti ipogei costituita da grotte, catacombe, cripte, cuniculi e spelonche, ubicati nelle immediate adiacenze.

Paleopolis e neapolis erano comprese su una lunga penisola delimitata a settentrione dal fiume Papireto e dal Kemonia a mezzogiorno, striscia di terra che all’epoca si estendeva lungo direttrice configurabile con l’odierno Cassaro, limitata approssimativamente fino all’attuale chiesa di Sant’Antonio Abate.[5] Una vasta e ramificata insenatura permetteva l’approdo e il riparo delle imbarcazioni in entrambi i corsi d’acqua, proprio a ridosso del polo monumentale, peculiarità che influì a determinare il nome della località, in epoca greca Panormos ovvero Città tutto Porto. Nel 254 a.C. la roccaforte del castrum fu conquistata dai romani.

Flavio Belisario[6] conquistò la città e si impossessò della fortificazione nel 535, il dominio bizantino perdurò per quasi tre secoli. Sotto il regno di Costantino IX Monomaco, imperatore costantinopolitano e re di Sicilia, la fortificazione del kastron assunse il rango di palazzo con il prefetto Giorgio Maniace il quale lo abbellì facendo installare opere, manufatti e altro bottino di guerra.

I due arieti di bronzo,[7][8] espressioni dell’arte greca e frutto di saccheggi, in Sicilia adornarono temporaneamente il portale gotico della Fortezza Maniace di Siracusa per volere di Federico II di SveviaMaria di Trastámara per servigi resi nella strenua difesa di Siracusa, li donò a Giovanni I Ventimiglia, pertanto i manufatti pervennero dapprima nel castello Ventimiglia di Castelbuono e in seguito posti a decoro del mausoleo di famiglia nella chiesa di San Francesco.[9] Per contrasti con la casa regnante e la confisca dei beni, gli arieti dei Ventimiglia giunsero a Palermo. Gaspare Palermo documenta la loro presenza in epoche successive nel Palazzo Chiaramonte-Steri, nella fortezza di Castello a Mare, trafugati da un viceré di Sicilia a Napoli, riconsegnati alle sale di Palazzo Regio.[10] Con la distruzione di un elemento della coppia durante la Rivoluzione siciliana del 1848, l’esemplare superstite, fu definitivamente trasferito nelle raccolte del Museo archeologico regionale «Antonio Salinas».Navi vichinghe nelle segrete del palazzo dei normanni a Palermo

La prima costruzione con funzioni di residenza reale denominata ‘al Qasr o Kasr (Alcassar, la dimora degli emiri),[11] è attribuita al periodo della dominazione islamica, lasso di tempo di circa due secoli ove si avvicendarono numerosi governatori o emiri appartenenti, nell’ordine, alle dinastie degli AghlabidiFatimidiKalbiti. Nell’831 dopo la conquista araba della città il governatore, supremo comandante e principe di Sicilia[12] denominò la costruzione Castelnuovo che si contrapponeva all’edificio ubicato in marina denominato Castellammare[12] e al Castello di Maredolce nel Parco della Favara, quest’ultima dimora prediletta insieme a tutte le residenze e le strutture arabe insediate nella vicina Kalsa.

Ibn Hawqal documenta due medine o città murate contrapposte: il Qasr e la Kalsa. In mezzo, tre borghi satelliti tra loro separati e contigui corrispondenti al futuro rabato (AlbergheriaSeralcadioConceria), descritto da Muhammad al-Idrisi in epoca normanna.

La decisione di trasferire la sede del governatore posta nel cuore della città murata della civitas superior in un luogo più sicuro e protetto militarmente, è fornita dalla tumultuosa sommossa popolare contro il governatore fatimita Salīm Ibn Rashid Al Kutāni, sedata nell’autunno del 937 con l’intervento militare di Khalil ibn Ishaq. Il nucleo aghlabida è abbandonato dopo aver identificato nei pressi del porto, nelle adiacenze dell’arsenale, la nuova sede della cittadella fortificata degli emiri fatimidi, molto più difendibile nella civitas inferior perché parzialmente protetta dal mare.

I sovrani Normanni distinguevano il Castrum superius o Palatium novum posto sull’altura dal Castrum inferius o Palatium vetus ubicato a valle, insediandosi al loro arrivo presso quest’ultimo già dimora della corte araba. Il Parcus Vetus indicava l’insediamento del centro di potere arabo, l’aggettivo Vetus (vecchioanticoprimitivovetusto) si estendeva tanto all’area, quanto alla dimora del primitivo accampamento. Accampamento divenuto residenza degli emiri e oggetto di conquista da parte delle armate normanne, che nell’assedio di Palermo piantarono nelle immediate adiacenze il loro campo base prima di sferrare gli attacchi alla Kalsa e al Cassaro fortificato. Infatti, dalla pianura alluvionale sud – orientale della costa, porta d’accesso alla città provenendo da est, contraddistinta dal Dattereto prossimo al fiume Oreto e al Castello di Yahya, partì la riconquista della città. Negli anni ampliarono e trasformarono l’edificio a monte dalle caratteristiche mediorientali in un centro complesso e polifunzionale che esprimeva tutta la potenza della monarchia, così realizzarono una struttura di edifici. Roberto il Guiscardo lo ingrandì dotandolo della Cappella di Gerusalemme,[12][2] il gran Conte Ruggero edificò la Torre Greca, i quartieri per opifici e armigeri.[13][1] Solo dopo la sua morte, la regina reggente Adelasia del Vasto e l’erede al trono si trasferirono da Messina, città che era servita da base ai Normanni per estendere il proprio dominio, a Palermo. Nella capitale gli Altavilla s’insediarono inizialmente nella residenza di Palazzo della Favara prima di trasferirsi nelle strutture del Palatium novum.

Nel 1132 Ruggero II di Sicilia costruì la parte mediana del palazzo, l’ampissimo appartamento che oggi prende il suo nome, ovvero quella porzione d’edificio precedentemente destinato a opificio della seta, la Cappella Palatina[14] e la Torre Joharia.[2] Il luogo di culto dedicato a San Pietro Apostolo soppiantò la primitiva moschea edificata sulle carceri e segrete del palazzo.[14] Da Guglielmo I e Guglielmo II di Sicilia furono aggiunte le ali destinate ai servizi degli eunuchi, secondo l’usanza araba, gli appartamenti delle dame di corte, matrone, fanciulle, servitori, l’harem e nella parte settentrionale fu aggregato il «serraglio degli schiavi»,[15] le torri Pisana o di Santa Ninfa e Chirimbi.[16] Coeva è la realizzazione della «Via Coperta», un camminamento protetto che dalla Torre Pisana e la Sala Verde attraverso la contrada della Guilla conduceva al primitivo Palazzo Arcivescovile con meta finale la cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta.[15][1]

In questo lungo processo di trasformazione, l’antico Palazzo degli Emiri assunse la denominazione di Palazzo dei Normanni solo in tempi recenti, polo destinato ben presto a diventare il centro della cultura e dell’arte europea tra il XII e il XIII secolo.

In questi sontuosi e raffinati ambienti, infatti, si sviluppò la più importante cultura europea dell’epoca: qui gli imperatori radunavano i più grandi scienziati e poeti, musicisti e pittori del tempo. All’interno del palazzo furono mantenuti gli opifici e i laboratori tessili per produrre manufatti di rara bellezza mantenendo la tradizione, le conoscenze, la cultura e il sapere introdotto dai dominatori orientali, la Zecca, i laboratori di oreficeria ed il Tiraz, l’opificio per la manifattura di stoffe preziose. Adiacente al regio palazzo sorgeva la Galca (l’anello), il quartiere regio che si sviluppava verso est racchiuso fra mura, ospitava edifici di vario tipo legati alla funzionalità della reggia.

Muhammad al-Idrisi nel 1150Ibn Jubayr nel 1184Ugo Falcando descrivono nelle loro opere le magnificenze e le vicende legate al palazzo. Il più rilevante degli episodi avvenuto negli anni 1160 – 1161 vede il Palazzo Reale teatro della rivolta dei baroni maturata in seguito alla congiura ordita da Matteo Bonello, durante la quale le sale della reggia furono saccheggiate e date alle fiamme con la distruzione di un insostituibile patrimonio librario e artistico.

Al 1194 risale il saccheggio della reggia voluto da Enrico VI di Svevia, il quale utilizzò cento muli per trasportare tutto l’oro e gli oggetti preziosi in essa custodita.[17] Con gli Svevi fu sede delle Scienze e delle Lettere, elogiata da Dante Alighieri.[15] Con Federico II di Svevia e il figlio Manfredi furono mantenute nel palazzo le attività di governo, amministrative e di cancelleria, mentre quelle letterarie furono distaccate a Palazzo della Favara, luogo deputato ad ospitare la scuola poetica siciliana.

Nel 1269 per il palazzo cominciò una fase di decadenza. Spoglio delle macchine da guerra, mostrò tutta la sua vulnerabilità durante i moti dei Vespri Siciliani culminati nel 1282 con le sommosse inserite nel contesto delle Guerre del Vespro: il popolo palermitano in rivolta espugnò, depredandolo ancora una volta. Scacciati gli angioiniPietro III d’Aragona si trasferì nel palazzo dimorandovi appena tre anni.

Dopo l’espulsione degli Angioini nel 1282, la dinastia aragonese propense nel dimorare allo Steri o Hosterium Magnum confiscato alla famiglia Chiaramonte. Fra gli aragonesi fu sede di Francesco II Ventimiglia, nominato signore perpetuo della capitale siciliana nel 1353. Il 16 febbraio 1361 s’insediò Federico IV d’Aragona, con i titoli di capitano e giustiziere, castellano del palazzo e di Castellammare. Risalgono al 1340 le prime notizie di guasti dovuti ad un rovinoso crollo che determinarono il progressivo spopolamento della reggia. Il sito non suscitava più particolare interesse per motivi logistici e di sicurezza, ad essa si preferiva la residenza di Castellammare. Il lento abbandono avvenne a partire dagli inizi del XV secolo, periodo in cui Palazzo Regio e strutture limitrofe furono utilizzati come cava da cui trarre materiale edilizio utilizzato per la costruzione di luoghi di culto o cimiteri.

Gli appartamenti reali subiscono un’ulteriore rimodulazione nel 1735 per l’arrivo, la visita e l’incoronazione di Carlo III di Borbone.[23] Fu edificata la Scala Rossa, uno scalone monumentale di raccordo posto presso il colonnato del Cortile Maqueda. Venute meno le esigenze difensive è compiuta la riduzione o demolizione dei bastioni orientali per l’adeguamento della piazza al livello del Cassaro e altrove, la loro trasformazione in giardini pensili. Il varco della cortina rinascimentale è definitivamente attrezzato come principale porta carraia e portale d’ingresso, il Portale di San Michele è ulteriormente ingrandito. Si edificò una nuova cavallerizza e si rinnovò l’antica. Si costruirono idonee strade d’accesso e carrettere interne. Internamente fu eseguito l’ingrandimento degli appartamenti destinati al sovrano, il rinnovamento degli infissi e delle vetriate, l’apparato decorativo in affreschi approntato dal pittore Olivio Sozzi. Restauri e miglioramenti di tutti tutti gli appartamenti reali e delle strutture dell’intero complesso.[29]

Anche i Borboni delle Due Sicilie con Ferdinando III fecero ristrutturare il palazzo che visse la stagione di maggiore operosità, dopo la fase cinquecentesca, in virtù della permanenza della Corte Borbonica: infatti i sovrani, fuggiti nel 1806 con la conquista di Napoli da parte di Napoleone Bonaparte, si rifugiarono a Palermo. Il Salone del Parlamento fu adibito all’esposizione della preziosa Quadreria di Capodimonte e il monarca decise di fare affrescare nuovamente le pareti e la volta della sala, affinché il salone presentasse “… uno stile più elegante e più grandioso“. Il ciclo di affreschi raffigurante l’Apoteosi di Ercole di Giuseppe Velasco[21] sostituì La Maestà Regia, protettrice delle Scienze e delle Belle Arti commissionato da Francesco d’Aquino, principe di Caramanico nel 1787.[21]

Altri interventi decorativi abbellirono le sale di rappresentanza, i corridoi degli appartamenti del re e della regina al piano nobile durante la loro permanenza stabile dal 1806 al 1815.[10] In occasione dei moti rivoluzionari del 1848 furono abbattuti dal popolo in tumulto i bastioni di Santa Maria e San Michele, la dimora fu saccheggiata e fu distrutta gran parte del mobilio, arredi velocemente ripristinati.