Lilibeo (Lilybaeum per i romani) fu un’antica città, situata all’estremo ovest della Sicilia, precisamente sotto l’attuale Marsala, verso Capo Boeo originariamente chiamato Capo Lilibeo. Oggi fa parte dell’area archeologica di Capo Boeo, che si estende per 28 ettari.[2]
Fu fondata, secondo la testimonianza di Diodoro, dai punici esuli, fuggiti da Mothia, distrutta da Dionisio di Siracusa nel 397 a.C. Prima di questa data il Capo Boeo fu quasi certamente frequentato, ma mancano tracce di un vero e proprio insediamento.[3]
Lilibeo, grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo, fu inizialmente avamposto cartaginese. Assunse poi grande importanza sotto il dominio romano quando vi ebbe sede uno dei due questori che Roma inviava in Sicilia (l’altro aveva sede a Siracusa). A Lilibeo, tra gli altri, fu questore Cicerone[3]. La città costituì quindi per un certo periodo l’agglomerato urbano più grande e più importante della Sicilia occidentale.
Il nome potrebbe derivare dal greco Lilýbaion (“che guarda la Libia“, nome che indicava tutta la costa settentrionale dell’Africa) oppure avere origine da una fonte così chiamata, oggi incorporata dalla chiesa di San Giovanni al Boeo.
Nell’anno 397 a.C., la città di Mozia, ubicata sull’isola di San Pantaleo, nella laguna detta dello Stagnone, fu distrutta da Dionisio I, tiranno di Siracusa. I superstiti si rifugiarono sulla costa siciliana e qui fondarono la città che chiamarono Lilibeo. La città venne fortificata con poderose mura e circondata a nord e sud da due profondi fossati di cui oggi, a Marsala, sono visibili solo dei piccoli tratti. Tale fortificazione permise alla città di resistere all’assedio dionisiano del 368 a.C., poi a quello di Pirro avvenuto nel 277 a.C.[3]
Ai Romani, durante la Prima guerra punica, non riuscì di espugnarla. Il generale cartaginese Amilcare Barca durante questo periodo, fortficando l’antica Erice, poté controllare e difendere la città di Lilibeo dagli attacchi esterni, direttamente dalla sommità del monte trapanese, assicurando la sua protezione. Fu solo nel 241 a.C., con gli accordi di pace, che Cartagine cedette a Roma tutti i propri possedimenti in Sicilia.[3]
Sotto i Romani, Lilibeo diventò presto un vivissimo centro commerciale, grazie al suo porto e agli intensi traffici marittimi nel Mediterraneo. Si arricchì di splendide ville ed edifici pubblici, tanto che Cicerone, che fu questore di Lilibeo, la definì splendidissima civitas nell’anno 75 a.C.
Devastata dai Vandali all’inizio del V secolo, cadde sotto l’egemonia del re dei Vandali Trasamondo e sua moglie Amalafrida. E rimase ai Vandali nonostante i successivi accordi con Odoacre che occupò il resto della Sicilia. Dopo corrispondenza con i Goti, riferita da Procopio di Cesarea nella Guerra Vandalica, fu poi occupata da Belisario, inviato da Giustiniano, e attraversò dei periodi oscuri per il disinteresse di Bisanzio e per le incursioni dei pirati. Con l’arrivo degli Arabi nel IX secolo, la città sparì dalla cartina geografica, divenendo il sito archeologico attuale. Gli Arabi diedero alla città vicina il nome di Mars-Alì (porto grande), poi Mars-Allah (porto di Allah, da cui poi il nome attuale di Marsala) anche se si tratta di un errore di traduzione poiché gli arabi non avrebbero mai nominato il nome di Allah invano trasformando il precedente impianto urbano regolare di età ellenistica.
A partire dall’XI secolo la città di Marsala passò sotto la dominazione normanna, sveva, angioina, aragonese e poi quella spagnola.