FOLK BIKE

CONCATTEDRALE

Di Tango7174 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12624340

La chiesa è un edificio a croce latina dalle importanti peculiarità e dall’indubbio interesse architettonico sito a Troia, in provincia di Foggia, e costruito tra il 1093 e il 1125. L’edificio è dedicato alla Beata Maria Vergine Assunta in Cielo ed è costruita secondo lo stile romanico pugliese. È uno dei capolavori dell’architettura romanica in Capitanata, non tanto per le proporzioni quanto per l’armonia della costruzione.

La facciata è larga 19 metri ed è alta (alla cuspide) 28,5 metri. Dalla soglia all’abside la concattedrale è lunga 54 metri. In totale la costruzione occupa una superficie di circa 1325 m².

La chiesa venne costruita sulla base di un preesistente edificio bizantino e con materiali riutilizzati, ricavati dall’antica città romana.

La sua storia è legata all’importanza non solo spirituale, ma anche temporale che il vescovado aveva all’interno della città. Soprattutto nei periodi in cui Troia subì gravi conflitti politici, la cattedrale rimase il simbolo del potere del vescovo, in quei casi unico rappresentante del potere temporale. Una particolarità propria del vescovo locale è stata la sua diretta dipendenza dalla Santa Sede.

I lavori per la costruzione della cattedrale vennero patrocinati e finanziati dal vescovo Guglielmo II a partire dal 1106. Nel 1119 venne posta la porta di bronzo costruita da Oderisio da Benevento la cui funzione, oltre al completamento stilistico della facciata, era quella di celebrare le glorie del vescovo e la sua abilità nel mediare i rapporti tra la Santa Sede ed i baroni normanni. Appena otto anni dopo questo avvenimento, nel 1127, la costruzione di una porta laterale sempre ad opera di Oderisio da Benevento e sempre su ordine di Guglielmo II è il simbolo della mutata situazione politica della zona e della città: la nuova porta è più piccola e più semplice, andando a riflettere la situazione economica difficile e una più immediata velocità di esecuzione e condivisione del messaggio da trasmettere.

Al vescovo Gualtiero di Pagliara (1189-1201) si deve l’erezione del braccio sinistro del transetto. I lavori rientravano in un nuovo piano progettuale che prevedeva la realizzazione del transetto che non fu mai completato. Il braccio destro venne infatti costruito non prima del XVIII secolo. Nel XIII secolo fu prima completato il presbiterio con la costruzione della volta a crociera del coro e poi realizzato il rosone della facciata principale.

Dal punto di vista architettonico, la facciata è divisa da un cornicione che distingue la parte superiore, più leggera e dai tratti più lievi, dalla parte inferiore, compatta, ravvivata dalla presenza di archi ciechi e semicolonne. La parte superiore della facciata, che riprende la zona interna della navata centrale, è caratterizzata da un tetto a doppio spiovente ed è sorretto da due ampi contrafforti. Ma ciò che caratterizza la facciata e ne determina la peculiarità è il gioco di parti architettoniche e scultoree, che formano un’armonia particolare. Particolare interesse merita il rosone, unico nel suo genere, che colpisce l’osservatore per la sua indiscussa bellezza.

Il rosone è un eccelso esempio di tecnica scultorea a traforo: composto da undici colonne (di uno stile simile all’ordine corinzio) che si irradiano dal centro dello stesso secondo angoli uguali (32,72°), a loro volta connesse con un gioco di archi che fanno da cornice, è suddiviso in undici “spicchi”. Questi ultimi sono decorati con diaframmi traforati diversi tra loro e diversi dalla decorazione degli archi, creando così ben ventidue decorazioni differenti ottenute esclusivamente con la tecnica del traforo, facendo apparire il rosone come un ricamo merlettato.

Al centro del rosone le undici colonnine poggiano su un cerchio di pietra lavorata a squame, a determinare una decorazione che ricorda una corda che si chiude o un serpente che si morde la coda, simbolo dell’eternità, della morte e resurrezione, oltre ad essere di forma circolare, simbolo della perfezione. Il centro del rosone, dunque, simboleggia la figura di Gesù Cristo.

Il rosone, datato tra il 1160 e il 1180

Poiché le colonnine sono in numero dispari (11), il rosone appare asimmetrico. La scelta di questo numero di colonnine, però, non è casuale: bisogna notare il fatto che il numero 11 ha un forte significato simbolico. Quest’ultimo, infatti, è il numero degli apostoli senza considerare Giuda Iscariota, il traditore, che viene escluso proprio per sottolineare che chi pecca veramente non è più innestato su Gesù.

Gli archi che sormontano le colonne, per ricoprire l’intero rosone, sono undici. Partendo dall’apice di una colonna e seguendo l’andamento degli archi, per tornare al punto di partenza è necessario compiere due giri del rosone. Quest’ultimo, cioè, è composto da una serie di 6 + 5 archi che si rincorrono. Anche in questo caso si ha un significato simbolico nascosto ma molto importante: sei e cinque rappresentano rispettivamente macrocosmo e microcosmo, Cielo e Terra. Il numero undici, essendone la somma, rappresenta l’unione tra queste due realtà, tra ciò che è terreno e ciò che è divino.

Sopra ogni colonna e come cornice di ogni arco è presente una forma composta da tre lobi. Oltre all’indubbio fine estetico, anche in questo caso siamo di fronte ad un simbolo: questa forma, generata dall’intersezione di tre cerchi distinti e separati, simboleggia la Trinità.

Il rosone, in definitiva, è la sintesi di diversi influssi stilistici, prodotto unico ed originale di raffinatezza stilistica, priva di esemplari con cui possa essere paragonato. I danni arrecati dal terremoto del 1731 e del sisma più recente del 31 ottobre 2002 hanno seriamente messo a rischio la statica del rosone che ha subito nel tempo delle deformazioni fuori del piano. A tale dissesto si è posto rimedio negli anni 2005-06 con un intervento innovativo di restauro statico messo a punto dagli ingegneri Domenico Liberatore e Nicola Masini, docenti dell’Università della Basilicata.[2]