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CONCATTEDRALE DI RUVO

Ruvo di puglia, duomo, facciata, 01.jpg
Di Sailko – Opera propria, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=59430789

La concattedrale di Ruvo di Puglia, dedicata a Santa Maria Assunta, è uno dei più importanti esempi di romanico pugliese. Fu costruita tra il XII e il XIII secolo con varie modifiche successive. L’edificio si pone come la chiesa matrice e più importante di Ruvo ed è il fulcro del centro storico[1]. È connessa al palazzo vescovile poiché è stata sede, fino al 1986, della diocesi di Ruvo.

Ferdinando Ughelli nella sua Italia sacra riporta due diverse ipotesi riguardo alla costruzione della prima chiesa a Ruvo. Secondo alcuni infatti, il primo edificio religioso cristiano fu costruito al di sopra della cripta di San Cleto fuori dalle mura cittadine[2]; secondo altri invece la prima chiesa fu eretta da San Cleto ed intitolata a San Pietro, costruita non troppo distante dall’ordierno sito della Cattedrale[2]. Tuttavia lo stesso Ughelli individua erroneamente nell’anno 1000 il momento di fondazione della chiesa matrice[2]. Ettore Bernich invece ritiene che Ruvo, così come Bari e Conversano, abbia avuto ben tre cattedrali delle quali la prima fu la chiesa della Santissima Trinità, la seconda quella di San Giovanni Rotondo e infine l’attuale Cattedrale dell’Assunta[3].

Molto probabilmente fu deciso da Roberto II di Bassavilla, signore di Ruvo, assieme al vescovo Daniele di innalzare definitivamente una Cattedrale dopo che la città venne rasa al suolo dalle invasioni barbariche e dagli eventi bellici del XII secolo[4]. I lavori si conclusero nel XIII secolo[4].

In età moderna la Cattedrale subì vari cambiamenti tanto che, come emerge dalle relaziones ad limina del vescovo Gaspare Pasquali, nel 1589 poteva contare su dodici altari laterali poi divenuti quattordici[4]. Nonostante i numerosi altari e l’esistenza della sacrestia e del connesso episcopio (si hanno notizie del palazzo vescovile solo dal 1452), la prima cappella attestata dalle fonti risale soltanto al 1640: essa era dedicata al culto del Santissimo Sacramento, del quale si occupava l’omonima confraternita fondata nel 1543 e ora non più esistente[4]. A questa cappella se ne aggiunse una seconda consacrata al culto di San Biagio[non chiaro] e delle sue reliquie, entrambe collocate sulla navata sinistra[4]. Nel XVII secolo il clero entrò in continuo contrasto con la famiglia Carafa, la quale acquisì il feudo di Ruvo nel 1510 con il cardinale Oliviero Carafa. Sotto il dominio del Duca di Andria e Conte di Ruvo Ettore Carafa senior fu abbattuto l’altare maggiore per sostituirlo con il trono dello stesso Conte[4]. Tuttavia nel 1697 fu costruito un nuovo altare mentre nel 1725 il vescovo Bartolomeo Gambadoro riedificò e ampliò il palazzo vescovile[4]. Ancora nella prima metà del Settecento la Cattedrale fu soggetta a lavori di ampliamento: nel 1744 la facciata fu allungata di 2,40 metri per lato e sotto l’episcopato di Giulio De Turris la chiesa madre si dotò nel 1749 del controsoffitto ligneo decorato e di tre tele di Luca Alvese, inoltre presentava varie cappelle su entrambe le navate: sulla navata sinistra erano disposte le cappelle del coro di notte, del Crocifisso, di San Biagio, del Santissimo Sacramento e di San Lorenzo, mentre sulla destra furono edificate le cappelle dell’Addolorata, dei Santi Medici, della Madonna di Costantinopoli, di San Michele Arcangelo e della Madonna di Pompei[4].

Nella prima metà del Novecento si mirò ad eliminare tutte le aggregazioni e le aggiunte strutturali dell’epoca barocca cercando di ripristinare la chiesa originaria[4]. Tra il 1901 e il 1925 fu costruito un nuovo ciborio sul modello di quello della Basilica di San Nicola a Bari da parte di Ettore Bernich, fu apposta una vetrata policroma raffigurante l’Immacolata[4]. Inoltre fu liberato del palco il basamento della Cattedrale inserito a causa del dislivello di un metro tra il pavimento della chiesa e il manto stradale dovuto alla distruzione di Ruvo del Medioevo[4]. Nel 1925 fu riedificato l’Episcopio dall’ingegnere Sylos Labini. Furono eliminate tutte le cappelle di cui l’ultima, quella del Santissimo Sacramento, solo nel 1935 ricostruendo così il muro delle due navate e conferendo una maggiore spazialità interna[4]. Inoltre le tombe dei vescovi sepolti nella Cattedrale e collocate sul pavimento furono addossate alle pareti.