La fontana dell’Elefante è un’opera monumentale realizzata tra il 1735 e il 1737 dall’architetto Giovanni Battista Vaccarini. È collocata al centro della Piazza del Duomo di Catania. Il suo elemento principale è una statua di basalto nero che raffigura un elefante, chiamato comunemente u Liotru e considerato l’emblema della città siciliana.
La fontana dell’Elefante è stata realizzata da Vaccarini nell’ambito della ricostruzione della città etnea dopo il terremoto dell’11 gennaio 1693. In modo acritico è stato ribadito che l’architetto palermitano si ispirò all’Obelisco della Minerva di Gian Lorenzo Bernini. In realtà l’iconografia dell’elefante sormontato da un obelisco con palla sulla sommità è documentata nell’Hypnerotomachia Poliphili, pagina 38, (Venezia, 1499) attribuita a Francesco Colonna.[1]
Il basamento è formato da un piedistallo di marmo bianco situato al centro di una vasca, anch’essa in marmo, in cui cadono dei getti d’acqua che fuoriescono dal basamento. Sul basamento due sculture riproducono i due fiumi di Catania, il Simeto e l’Amenano. Al di sopra si trova la statua dell’elefante, rivolto con la proboscide verso la cattedrale di Sant’Agata. Questa statua di epoca incerta era originariamente ricavata da un unico blocco di pietra lavica, ma a seguito del sisma del 1693 si frantumarono le zampe posteriori, restaurate dallo stesso Vaccarini in vista della sua collocazione nella piazza. Durante il restauro l’architetto aggiunse i bianchi occhi e le zanne in pietra calcarea. Ai lati dell’elefante cade una gualdrappa marmorea sulla quale sono incisi gli stemmi di sant’Agata, patrona di Catania.
Sulla schiena dell’animale si trova un obelisco egittizzante[2], alto 3,66 metri, in granito, ipoteticamente di Syene; non ha geroglifici, ma è decorato da figure di stile egizio che non costituiscono una scrittura geroglifica di senso compiuto. Di cronologia incerta, forse era una delle due mete dell’antico circo romano di Catania, l’altro, più frammentario, si trova invece nel cortile del Castello Ursino. Sulla parte sommitale dell’obelisco sono stati montati un globo, circondato da una corona di una foglia di palma (rappresentante il martirio) e di un ramo di gigli (rappresentante la purezza), più sopra una tavoletta metallica su cui vi è l’iscrizione dedicata a sant’Agata con l’acronimo “MSSHDEPL” («Mente sana e sincera, per l’onore di Dio e per la liberazione della sua patria»), e infine una croce[3].
Fino al 1737 Vaccarini lavorò per costruire la fontana, che fu poi completata con l’obelisco egittizzante e con l’iscrizione agatina. Nel 1757 venne ristrutturata per la prima volta, per aggiungere una vasca. Nel 1826 la fontana fu circoscritta da una cancellata di ferro, entro la quale fu realizzato un piccolo giardino. Poco dopo l’unità d’Italia, venne presa la decisione di spostare la fontana dalla Piazza del Duomo a Piazza Palestro: il 30 maggio 1862, però, Bonaventura Gravina organizzò una sommossa popolare che bloccò il trasferimento.
Sono stati due i restauri eseguiti nel corso del XX secolo: nel 1905 venne realizzata una seconda vasca e nel 1998[4] sono stati eliminati la cancellata e il giardino per cui oggi è possibile sedersi su alcuni gradoni ai piedi del basamento.