La cattedrale metropolitana di Sant’Agata è il principale luogo di culto cattolico di Catania, chiesa madre dell’omonima arcidiocesi metropolitana e sede dell’omonima parrocchia.[1][2][3]
La cattedrale è dedicata alla vergine e martire Sant’Agata, patrona della città di Catania ed è situata nel centro storico della città nel lato sud-est di piazza del Duomo, nel quartiere Duomo di Catania o Terme Achilliane – Piano di San Filippo.
Nel luglio del 1926 venne elevata alla dignità di basilica minore da papa Pio XI[4].
Primitiva cattedrale adiacente alle carceri fu la chiesa di Sant’Agata la Vetere ove Papa Vigilio aveva tenuto ordinazioni sacerdotali.[6]
- 1040, Giorgio Maniace generale inviato dall’imperatore bizantino Michele IV il Paflagone per la riconquista della Sicilia, che dal 945 era costituita nell’Emirato di Sicilia, sottrae alla città le reliquie di Sant’Agata gelosamente ospitate nel primitivo tempio. Le reliquie furono custodite nella basilica cattedrale di Santa Sofia e per ben ottantasei anni rimasero a Costantinopoli.[7]
La chiesa è stata più volte distrutta e riedificata dopo i terremoti che si sono susseguiti nel tempo. La prima edificazione risale al periodo 1086 – 1094 e fu realizzata sulle rovine delle Terme Achilliane risalenti all’epoca romana.[8] Su iniziativa del conte Ruggero giunse dalla Calabria l’abate Angerio dal monastero dell’Ordine benedettino di Sant’Eufemia,[6][9] il quale fu nominato vescovo della ricostituita diocesi della città proprio dal sovrano normanno, sotto la sua direzione l’edificio acquisì tutte le caratteristiche di ecclesia munita (cioè fortificata).[10] Contestualmente accanto al prospetto meridionale fu edificato il monastero dell’Ordine benedettino per se e per i canonici.[5][6] L’interno presentava superbe colonne di granito. I capitelli, i fregi e gli ornamenti di svariata fattura indicavano la diversa provenienza e il riutilizzo di parti di templi pagani e rovine romane.[11][12]
Il canonico, storico e archeologo Tommaso Fazello tramanda la memoria di un’iscrizione su tavola di marmo collocata sulla porta rivolta a settentrione, il testo recitava:[5]
(LA)« … » | (IT)«L’anno dall’incarnazione di nostro Signore MXCIV, indizione prima, essendo Pontefice a Roma Urbano Secondo e Filippo Re di Francia, e Duca d’Italia Ruggiero, figliuol del Duca Guiscardo, e Conte di tutta la Sicilia Ruggiero fratel di detto Guiscardo. Io Angerio Vescovo della Badia di Catania ad edificare questo Monasterio e lo condussi al fine ajiutati dal Nostro Signore Gesù Cristo.» |
Con diploma datato 1091, approvato da Papa Urbano II, Ruggero I di Sicilia donò i territori del comprensorio Acese, di Paternò, Adernò, Sant’Anastasia, Centorbi, Castrogiovanni, Girgenti, fino ai confini della neocostituita diocesi di Troina. Nel 1092 un secondo diploma integrava il primo includendo l’intera area dell’Etna, le coste di pertinenza, per la contropartita simbolica, da corrispondere limitatamente alle visite del Conte, di un pane e una misura di vino.[13][14][15]
Nel 1092 la cattedrale fu dotata delle rendite della chiesa di Santa Maria della Valle di Josaphat di Paternò, nel 1093 dei proventi del casale di Ximet, della chiesa di San Giovanni di Fiumefreddo nel 1111, dei fondi donati da Goffredo d’Altavilla, signore di Ragusa, rendite che consentirono il finanziamento del monastero benedettino.[16]
Nel 1094 Angerio da Sant’Eufemia, vescovo abate designato dal Conte, inaugura e consacra il tempio.
Con le concessioni di Ruggero II nel 1124 aumentano i privilegi alla chiesa e al vescovado catanese guidato dal vescovo Maurizio, riconoscimenti che includono l’esercizio del potere temporale sui territori dell’antica e soppressa diocesi di Lentini e sul feudo di Mascali (che diventerà poi contea).[17] Il 17 agosto 1126 per opera del francese Gilberto e del calabrese Gosalino, le sacre spoglie sono avventurosamente riportate a Messina, per riapprodare ad Acicastello e traslate nel nuovo tempio.[18]
Il 4 febbraio 1169,[19] il terremoto catastrofico noto come terremoto di Sant’Agata, ne fece crollare completamente il soffitto, uccidendo gran parte dei cittadini riuniti in cattedrale per le festività agatine.[20] Nell’infausto evento perì lo stesso arcivescovo, Giovanni d’Aiello, che presiedeva le celebrazioni.
Nel 1194 sotto il regno di Enrico VI un incendio di vaste proporzioni arrecò notevoli danni.
Le concessioni e i privilegi normanni sono riconosciuti e confermati da Enrico VI, Federico II, Corrado IV e Manfredi. Fece eccezione l’esercizio della giurisdizione criminale, prerogativa usurpata dall’imperatore e suoi discendenti, mentre il vescovo Gentile Orsini, per il tramite del legato pontificio, ne rivendicarono la potestà a Carlo d’Angiò.[17]
Sono perfezionati: il cimitero dei monaci ubicato ad oriente;[23] il monastero a meridione sede dei canonici dell’Ordine benedettino poi trasformato in battistero, seminario dei Chierici e palazzo vescovile.[24]
Nel 1209 in occasione del matrimonio di Federico II di Svevia con Costanza d’Aragona, una mortale epidemia costrinse la corte palermitana a soggiornare a Catania. Il sovrano per ricambiare la generosità per le grandi manifestazioni di giubilo donò alla cattedrale la chiesa di Santa Maria Lo Plano di Aidone.
Nel XVI secolo nell’aula e i vari ambienti del tempio sono documentati innumerevoli altarini.[26] Nel 1420 la famiglia Gravina è titolare e detiene il patronato dell’ambiente situato sul lato destro del coro. Nel 1628 tutte le are de requiem private furono rimosse per iniziativa del vescovo Innocenzo Massimo.
Nel 1693 il sisma che colpì il Val di Noto la distrusse quasi completamente lasciando in piedi solo la parte absidale e la facciata a seguito del crollo della torre campanaria.[10][27][28]
I resti normanni consistono nel corpo dell’alto transetto, due torrioni mozzi (forse coevi al primitivo impianto) e le tre absidi semicircolari, le quali, visibili dal cortile dell’arcivescovado, sono composte da grossi blocchi di pietra lavica, gran parte dei quali è stata recuperata da un edificio di epoca romana[29] porzioni di muro d’ambito e il muro di prospetto sono stati inglobati dalla ricostruzione settecentesca.