I giardini pubblici di Calimera si trovano alla fine di via Montinari. Raccontano le vicende dell’etnia dalle due lingue e dell’impegno al recupero di un’identità sociale che, con la modernizzazione, ha rischiato di scomparire totalmente.
Tra i busti di Vito Domenico Palumbo, del De Santis e del Gabrieli, spicca la Stele marmorea del IV secolo a.C., donata dalla città di Atene a Calimera nel 1960 (nel 1957, l’allora Sindaco di Calimera, Giannino Aprile, aveva indirizzato al Sindaco di Atene una lettera chiedendo un avanzo architettonico o, almeno, un sasso dell’Acropoli come simbolo della comune origine e di un’ideale continuità di rapporti: la sua lettera fu pubblicata in molti quotidiani di Atene).
La Stele è in puro marmo attico e proviene dal Museo nazionale di Atene. Reca incise le parole “Patroclia di Proclide da Atmon”, località presso Marussi, nei sobborghi di Atene, dove venne rinvenuta. La Stele, di fattura perfetta, con un bassorilievo rappresentante il Saluto di Patroclia, è sormontata da una palmetta ed è ornata di fiori simboleggianti la serenità rassegnata della morte. È uno dei migliori esemplari di monumenti funebri conosciuti: per la sua perfetta armonia incanta chi la guarda anche se il bassorilievo centrale è un po’ corroso dal tempo e il fusto, rotto trasversalmente, è saldato. È sistemata in un’edicola in pietra viva di Soleto, sul cui timpano è inciso “Zeni sù en ise ettù ‘sti Kalimera / Straniera tu non sei qui a Calimera” (traslitterato in Greco sarebbe: Ξένη ‘σού ‘εν είσαι εττού στη Καλημέρα), verso tratto dall’omonima poesia di Ernesto Aprile.