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LA CATTEDRALE DI PALERMO

Cattedrale di Palermo. - panoramio.jpg
Di Carlo Pelagalli, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=54804731

La basilica cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta, nota semplicemente come Chiesa Cattedrale di Palermo, è il principale luogo di culto cattolico della città di Palermo e sede arcivescovile dell’omonima arcidiocesi metropolitana.[1][2][3]

Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell’umanità (Unesco) nell’ambito del sito seriale Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale.

Paleopolis: antica città. La Galka o Alga o Yalica, ossia il «recinto», quartiere che in principio comprendeva la fortificazione superiore e il quartiere militare. Nel primitivo insediamento fenicio – punico fu delimitata a oriente da una torre d’avvistamento e fortificazioni lungo il corso del fiume porto – canale Papireto:[5] rispettivamente gli antesignani della torre campanile e della cinta muraria superstite a ridosso dei resti dell’attuale strada dei Pellegrini e del quartiere la Guilla.

Neapolis: nuova città. In origine il piano è occupato da una necropoli esterna a ridosso della cinta muraria punica. La prima testimonianza della diffusione delle pratiche cristiane è dovuta alla presenza di cimiteri all’aperto e catacombe ricavate in fitte reti di grotte utilizzate come luoghi di culto e rifugio dei cristiani perseguitati. Verosimilmente già ritenuta un’area sacra, probabilmente un «Santuario della Salute» di natura pagana.

  • 200 – 201, Il Lessico di Suda e il Tarikh al Hukam di Al-Qifti, scritto nel 1249, riportano l’attività di medici e filosofi, il passaggio e la morte di Galeno. Secondo quanto riportato nella Riḥla (Viaggio) da Ibn Jubayr, lo studioso farmacista è sepolto sulla direttrice verso Misilmeri, fonti fantasiose e non provate indicano i resti del medico custoditi nella primitiva cattedrale.

La prima chiesa è costruita nell’attuale area a poche centinaia di metri dal primitivo insediamento fenicio – punico dove adesso sorge il Palazzo dei Normanni (Alcassar, la dimora degli emiri),[6] lo stesso luogo deputato durante il I, II e III secolo al sacrificio dei primi martiri palermitani oggetto di persecuzioni cristiane operate da Decio e Diocleziano. L’edificio sorge fra la paleopolis «città primitiva» e la neapolis «nuovo insediamento», distrutta dai Vandali all’inizio del V secolo.

In questo frangente la Chiesa di Roma proclama santi Agatone martire e Mamiliano entrambi vescovi di Palermo.

  • 535Belisario,[7] alla testa delle truppe bizantine, conquista Palermo. Del luogo di culto edificato intorno al IV secolo e in seguito distrutto dai Vandali, non sono pervenute testimonianze riportate alla luce.
  • 592, il vescovo Vittore demolisce l’edificio e ne promuove la ricostruzione secondo i canoni bizantini.
  • 603papa Gregorio I affida la commissione all’arcivescovo Giovanni.[8] Due importanti arcivescovi e cardinali palermitani siedono sul soglio di Pietro: papa Agatone e papa Sergio I.

Il secondo tempio d’epoca bizantina dedicato alla Vergine Maria Assunta, è edificato sulle rovine del precedente nel 604 del quale sono pervenute la cripta e la pianta basilicale a forma quadrata.

Sono modificati il prothesis e il diakonikon secondo lo schema bizantino pervenuto con altri impianti basilicali, le maestose absidi a oriente e rivolte come la facciata verso occidente. Di impronta bizantina la collocazione dell’iconostasi e l’aspetto decorativo con le caratteristiche proprie dell’arte del mosaico, secondo i preziosi canoni della tradizione di Costantinopoli. Sono compiuti tutti gli sforzi per mantenere vitale il rito latino ma, nell’anno 732 passa al Patriarca di Costantinopoli, e alla cattedrale sono apportate modifiche al fine di adeguarla alle modalità proprie del culto della Chiesa ortodossa.

Con la sconfitta di Michele II l’AmorianoBasileus dei Romei (il Balbo o Balbuziente) nell’829,[9] e l’invasione dell’isola da parte dei Saraceni, nel lungo contesto della dominazione araba, che a Palermo spazia dall’anno 831 al 1072, la chiesa è trasformata in luogo di culto musulmano, la grande moschea Gami, edificio capace di contenere 7 000 fedeli.[10]

  • 831, i Saraceni conquistano Palermo, modificano chiese e edificano in città ben trecento moschee. Nella metà del X secolo il geografo Ibn Hawqal riporta che, fatte le debite proporzioni, a Palermo si contano più moschee che in altre città islamiche dell’epoca.[11] Quella più grande detta “Gami” o «Grande Moschea del Venerdì»[11] è il riadattamento della cattedrale bizantina. La conversione a moschea risale alla dinastia musulmana degli Aghlabiti, la sala ipostila ubicata sotto la cappella dell’Incoronata[12] è verosimilmente ritenuta parte dell’antica moschea – basilica. Colonne e altri elementi architettonici d’impronta islamica sono rinvenuti e riutilizzati in tutti gli ambienti.

La corte vescovile è “invitata”, sollecitata ad abbandonare le sedi cittadine, trovando temporaneamente rifugio presso luoghi di culto nella vicina cittadina di Monreale. L’evento determina la costituzione della futura Arcidiocesi di Monreale. Il ruolo di cattedrale fu temporaneamente ricoperto da una modesta, piccolissima chiesa: la «Aghia Kiriaki» ovvero la chiesa di santa Ciriaca o santa Domenica.[13] Il luogo di culto dedicato a santa Ciriaca al quale papa Alessandro III fa riferimento nella bolla pontificia emanata il 30 dicembre 1174, con la quale ratifica la costruzione della nuova cattedrale di Monreale, indicandone l’ubicazione con le parole … Super Sanctam Kjriacam.[

Il ritorno alla sovranità di matrice cristiana e cattolica avviene con l’avvento dei Normanni grazie al contributo del Gran Conte Ruggero e del fratello Roberto il Guiscardo. Per celebrare la conquista territoriale dell’isola, la casata degli Altavilla promuove e favorisce la costruzione di splendide e monumentali cattedrali in tutte le località teatro delle battaglie più cruente, riservando a Palermo la costruzione più laboriosa, ma altrettanto fastosa. La moschea è riadattata rapidamente al culto cristiano, affidata ancora per poco tempo al vescovo Nicodemo[15] di tradizione greco – ortodossa, molto amato dal popolo. È ipotizzabile che all’esterno della Gami non siano stati apportati grossi cambiamenti col passaggio a chiesa cristiana, eccezione solo per la trasformazione del minareto in campanile.

  • 1098Apostolica Legazia: privilegio concordato tra sovrano e papa. Accordo che prevedeva la nomina regia dei vescovi e conseguente approvazione, consacrazione papale.
  • 1167, la regina Margherita di Navarra, vedova di Guglielmo I di Sicilia, nomina vescovo il cugino Stefano di Perche, cancelliere del regno di Sicilia, sostenuto dalla compagine francese. L’ambiguità personale e la fiducia riposta in personaggi poco cristallini dislocati a vario titolo nell’amministrazione del regno, suscitano il malcontento popolare.
  • 1168, la popolazione stanca degli abusi perpetrati dagli amici di Stefano e per la sua condotta poco trasparente, si ribella. Il vescovo e i suoi scagnozzi sono aggrediti, la vecchia cattedrale è incendiata bruciando le grandi porte. Riusciti a porsi in salvo il vescovo e i suoi seguaci, sono irrevocabilmente espulsi e spediti in medio oriente.
  • 1169 4 febbraio, il terremoto di Sant’Agata arreca danni al monumento. L’evento sismico danneggia gravemente la sommità della torre campanaria e la parte superiore della facciata che crollano devastandosi vicendevolmente. Interpretato come punizione divina per causa della corruzione dilagante, l’evento costituisce il pretesto per una radicale riedificazione del tempio, progetto che prevede la costruzione di un edificio all’altezza dello splendore del regno.[16]

Durante il regno di Guglielmo II di Sicilia, nel disegno che prevede il ripristino delle preesistenti diocesi, mira a creare un secondo arcivescovado nel comprensorio palermitano dando inizio alla costruzione della cattedrale di Monreale. L’arcivescovo di Palermo Gualtiero Offamilio[17] nel 1170[2] ne promuove contemporaneamente la costruzione della nuova cattedrale, completata nel 1184 – 1185.[18] Del primitivo impianto gregoriano perviene solo la parte inglobata nell’odierna Cappella dell’Incoronazione.[19]

Sotto le dominazioni di Normanni e Svevi si assiste in città alla relativa pacifica convivenza di un crogiolo di razze rappresentate dalle religioni monoteiste del mondo allora conosciuto: cristianimusulmani e ebrei. Palermo è capitale del Sacro Romano Impero con Federico II. Per quasi due secoli le arti e l’architettura sono permeate da canoni stilistici tipici del medio oriente amalgamati con le concezioni nordiche e germaniche.

La chiesa è modificata ancora più volte, ma lo sviluppo in pianta della nuova cattedrale è oggetto sempre dei forti influssi religioso – architettonici precedenti. Ripetutamente rimaneggiata e riedificata per svariati eventi, risente anche di interventi dovuti a fenomeni sismici, soprattutto nell’alta torre campanaria slanciata dinanzi al prospetto occidentale.

I decenni a cavallo del XV secolo sono caratterizzati dalla massima espressione artistica nell’isola nota come Rinascimento siciliano. Geni come Domenico GaginiAntonello GaginiFrancesco LauranaOrazio Alfani (detto il Perugino), Giovanni da Maiano, le relative scuole e botteghe lasciano capolavori senza eguali nell’aggregato, così come nell’intero palcoscenico artistico palermitano e siciliano.

  • 1º agosto 1536, solenne consacrazione presieduta da Arnaldo Albertin vescovo di Patti.[4]
  • 1574, nel cimitero divenuto piazza, in occasione della festa di Santa Cristina è accordata da Pietro II di Sicilia, confermata da Carlo V d’Asburgo e qui trasferita da Filippo I di Sicilia, col consenso di Papa Gregorio XIII, la Fieravecchia.[21] L’area destinata alle sepolture era denominata Cimiterio Santi Angeli del Plano Matris Panormitane Ecclesiæ, di cui una parte riservata ai canonici e vescovi. Con la rimodulazione in piazza il Plano Matris Panormitane Ecclesiæ ospitò la Fera de lo Plano.[22] Una parte di esso o comunque una porzione adiacente era chiamato Plano dei Cavalieri di San Giovanni Evangelista, accezione derivante dalla medievale chiesa di San Giovanni Evangelista al Plano, luogo di culto inglobato in epoca spagnola nell’aggregato facente capo alla chiesa dei Sette Angeli.
    • L’ambiente fu sempre sede di pomposi spettacoli teatrali incentrati su temi religiosi che prevedevano coreografici cortei processionali e la partecipazione delle più alte cariche civili e religiose del regno, manifestazioni che contemplavano pause di ristoro in padiglioni appositamente eretti e molto spesso annoveravano la partecipazione del monarca o dell’imperatore.[23] Fra essi si annoverano gli Atti di fede o Auto da Fé celebrati dal Tribunale del Santo Uffizio di Sicilia.

Dal 1643 al 1647 Pietro Novelli, ingegnere del Regno e architetto del Senato Palermitano realizza grandiosi apparati effimeri consistenti in macchine e opere architettoniche, pitture a guazzo, carri trionfali per il Festino (dal 1643 al 1647), archi celebrativi, scenografie.[24] Per le commemorazioni funebri reali allestisce monumentali opere di architettura, pittura, scultura realizzati in memoria di Isabella di Borbone (7 aprile 1645), moglie di Filippo IV[24] e dell’infante Baltasar Carlos.[25]

L’edificio, già felice espressione di molteplici stili, subisce nel corso dei secoli vari rimaneggiamenti. Il barocco siciliano s’innesta con arricchimenti tipici della cultura decorativa dell’epoca. Tra il 1709 e il 1710 l’arcivescovo Giuseppe Gash finanziò i lavori per la trasformazione dell’antico tetto ligneo in copertura a volta in pietra. Le snelle e ariose capriate con falde ormai vetuste cedettero il posto a pesanti strutture lapidee.[26]

Tra il 1741 e il 1743 l’incaricato regio monsignor Giovanni Angelo de Ciocchis compie per conto del sovrano di Sicilia Carlo III di Spagna una ricognizione generale di benefici e beni religiosi soggetti a patronato regio, all’interno dell’intero territorio siciliano e contemplati nella raccolta di atti e documenti denominati “Acta e Monumenta“.[27] Tra magnificenza e sfarzi di tesori d’arte custoditi nel tempio, il relatore pone in risalto le debolezze e le criticità delle strutture delineando gli interventi che alcuni decenni più tardi caratterizzeranno il più complesso dei cantieri di restauro. Sulla base del resoconto e di altri progetti di fattibilità mirati commissionati a posteriori matureranno: l’ingrandimento dell’impianto, la garanzia della stabilità strutturale, il miglioramento dell’illuminazione, la copertura dei soffitti con volte a botte, l’anelata cupola in muratura. Il conseguimento di determinati risultati ha comportato in tutti i casi il pagamento di pesantissimi scotti, talora ravvisabili in autentiche scempiaggini agli occhi dei moderni estimatori, spesso derivati in iterazioni d’errori e bizzarrie senza logica, come nel caso dello smantellamento del capolavoro noto come Tribuna di Antonello Gagini.

È interamente rimodulato il complesso campanario nel 1726, su progetto dell’architetto Giovanni Amico in seguito al terremoto di Terrasini avvenuto in quell’anno.[29]

Campanile definito brutto e borrominesco, in epoca neoclassica, stridente con gli esterni della chiesa, è riconfigurato in seguito a restauri effettuati dopo il terremoto del 1823.

Il più poderoso e invasivo dei restauri è effettuato alla fine del Settecento, quando in occasione del consolidamento strutturale si rimodella radicalmente l’interno su progetto di Ferdinando Fuga.

  • 1781 20 febbraio – 1801 3 giugno,[2] durante i restauri il Capitolo metropolitano e gli uffici parrocchiali sono trasferiti presso la chiesa del Gesù a Casa Professa che in tale frangente assume il titolo e ricopre le funzioni di concattedrale.

I lavori hanno inizio nel 1781, eseguiti non dal Fuga ma dal palermitano Carlo Chenchi con l’assistenza di Giuseppe Venanzio Marvuglia e durano fino ai primi anni del XIX secolo. Il restauro complessivo comporta un allargamento sui fianchi con la trasformazione delle cappelle laterali sulle navate laterali e le nuove cappelle costruite di sana pianta, il portico meridionale avanzato di parecchi metri dal capomastro Francesco Patricolo.[30] Rimodulazione della facciata nord.

I rifacimenti sono in realtà molto più radicali dei progetti dell’architetto fiorentino, che secondo alcuni studiosi, pensa invece di conservare, almeno in parte, il complesso longitudinale delle navate e l’originario soffitto ligneo del XII secolo. Il restauro interviene a cambiare l’aspetto originario del complesso, dotando la chiesa della caratteristica ma discordante cupola, eseguita secondo i disegni del Fuga.

Nei primi lustri del XIX secolo sulla coronatura con merli è documentata la collocazione di numerose statue,[2] le restanti temporaneamente parcheggiate nella Cappella delle Sacre Reliquie. Nella metà del Novecento per volontà del cardinale Ernesto Ruffini le statue medesime trovano una migliore collocazione nella navata principale.[31] Anche le pittoresche cupolette maiolicate con lanternini destinate alla copertura delle navate laterali risalgono al rifacimento del 1781.

In questa cattedrale, sintesi di storia e di arte dell’ultimo millennio in Sicilia, oltre ai sovrani normanni (Ruggero II di Sicilia, …, Guglielmo II d’Altavilla[33] e Giovanna Plantageneto (13 febbraio 1177)[34]), svevi, aragonesi (Federico III di Sicilia (25 marzo 1296), Alfonso il Magnanimo dei Trastámara), catalani, sono stati incoronati Vittorio Amedeo II di Savoia (24 dicembre 1713) e Carlo III di Borbone (3 luglio 1735).

Come per le solenni incoronazioni, i penitenziali autodafé, le coreografiche processioni, le cerimoniali rievocazioni, le animate celebrazioni liturgiche, Antonino Mongitore descrive i funerali e le commemorazioni in duomo come sfarzose funzioni accompagnate da esuberanti paramenti funebri, al punto che per la cerimonia riservata al sovrano Filippo VFrancesco Maria Emanuele Gaetani, marchese di Villabianca, scriveva: «… pompeggiò il duomo con isfoggiatissimi apparati, vestite da alto in basso le pareti di una nuova architettura accomodata a lutto, …».[35]