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DUOMO DI MONREALE

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Di Berthold Werner – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23614252

La cattedrale di Santa Maria Nuova è il principale luogo di culto cattolico di Monreale, nella città metropolitana di Palermosede arcivescovile dell’arcidiocesi omonima.[1][2][3]

Costruita a partire dal 1174 per volere di Guglielmo II d’Altavillare di Sicilia dal 1166 al 1189, è famosa per i ricchi mosaici bizantini che ne decorano l’interno. Nell’agosto del 1926 papa Pio XI l’ha elevata alla dignità di basilica minore.[4] Dal 3 luglio 2015 fa parte del Patrimonio dell’umanità (UNESCO) nell’ambito dell’Itinerario arabo-normanno di Palermo, Cefalù e Monreale.

Secondo la leggenda, Guglielmo II il Buono[2][5], succeduto al padre sul trono di Sicilia, si sarebbe addormentato sotto un carrubo, colto da stanchezza, mentre era a caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli apparve la Madonna, a cui era molto devoto, che gli rivelò il segreto di una “truvatura” con queste parole: “Nel luogo dove stai dormendo è nascosto il più grande tesoro del mondo: dissotterralo e costruisci un tempio in mio onore”. Dette queste parole, la Vergine scomparve e Guglielmo, fiducioso della rivelazione in sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e gli si scavasse intorno. Con grande stupore venne scoperto un tesoro in monete d’oro che furono subito destinate alla costruzione del Duomo di Monreale, cui furono chiamati per la realizzazione maestri mosaicisti greco-bizantini (“i mastri di l’oru”) dell’interno.[6]

Biografi, storici e commentatori, fra i quali Tommaso Fazello, ammorbidiscono la figura e l’operato di Guglielmo il Buono, ma stroncano le motivazioni della leggenda. Plaudono alla costruzione di una meraviglia architettonica motivata da sinceri e profondi intendimenti religiosi, attribuendone senza tema di smentita, il finanziamento agli enormi proventi e tesori raccolti da un re avarissimo e depredatore qual era stato Guglielmo il Cattivo, considerato un rapace e razziatore delle ricchezze del suo regno. Magnificenza altrimenti descritta da Giorgio Vasari Nella Vita di Lapo Architetto Fiorentino.[6]

Altre considerazioni ruotano attorno le vicende circa le competizioni tra i cantieri dei grandi poli monumentali nella città di Palermo e immediate vicinanze. Guglielmo è promotore e patrocinatore dell’edificazione di tutto il complesso benedettino di Monreale, al tempo stesso come sovrano, appoggia e sostiene il vescovo Gualtiero Offamilio nella ricostruzione della cattedrale di Palermo. Per i due, le imprese costituirono vere e proprie sfide di grandezza e autocelebrazione, ognuna di esse condotta con l’obiettivo di surclassare in potenza ed eccellenza il proprio avversario.

Guglielmo il buono si concentrò più sull’abbellimento dell’aspetto interno del duomo, dotandolo di mosaico dorato, poiché lo accostava all’animo dell’essere umano, come aspetto fondamentale dell’essere piuttosto che l’aspetto esteriore. Al contrario l’arcivescovo curò maggiormente l’aspetto esterno della cattedrale di Palermo, poiché per lui la bellezza esteriore era quella che colpiva di più l’attenzione delle persone.

Il primo favorì la diffusione del messaggio evangelico tra i ceti meno abbienti attraverso i preziosi cicli figurati tratti dalle Sacre Scritture, il secondo esaltò la potenza dello spirito mediante le ardite strutture architettoniche. Al termine dei lavori, entrambi visitarono la cattedrale edificata dal concorrente, constatando quello che mancava alla propria che l’altro aveva posto in essere.

Con l’invasione dell’isola da parte dei Saraceni, nel lungo contesto della dominazione araba, che a Palermo e nell’immediato circondario spazia dall’anno 831 al 1072, la cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta è trasformata in luogo di culto musulmano: la «Grande Moschea Gami».[7]

La corte vescovile è invitata con la costrizione ad abbandonare le sedi cittadine, trovando temporaneamente rifugio presso luoghi di culto nella cittadina di Monreale. L’evento in futuro determinerà la costituzione dell’arcidiocesi di Monreale. Il ruolo di cattedrale panormitana fu ricoperto da modesta, piccolissima chiesa: la «Aghia Kiriaki» ovvero la chiesa di Santa Ciriaca o Santa Domenica. Il luogo di culto dedicato a Santa Ciriaca al quale Papa Alessandro III fa riferimento nella bolla pontificia emanata il 30 dicembre 1174, con la quale ratifica la costruzione della nuova cattedrale monrealese, indicandone l’ubicazione con le parole … Super Sanctam Kjriacam.[

La costruzione del grande tempio fu avviata nel 1172 e terminò nel 1267.[10][3] Concepito come chiesa dell’annessa abbazia territoriale benedettina, indipendente dalla cattedra di Palermo, nel 1178 l’abate Guglielmo ottenne da Papa Lucio III che fosse costituita l’arcidiocesi metropolitana di Monreale e la chiesa abbaziale elevata al rango di cattedrale.

Alla costruzione seguono una sequenza infinita di privilegi e concessioni reali, nei confronti delle alte gerarchie ecclesiastiche locali, riconoscimenti consistenti in castelli, terre, chiese, opifici, rendite di vario genere sparsi in tutta la penisola italiana, i primi tre: 15 febbraio 1175, 15 agosto 1176 concessione di Guglielmo II che assegna i castelli di Gaito, di Coriglione e Calatrasi e relativi possedimenti, concessioni riconfermate per privilegio di Margherita di Navarra e di Sicilia.[11]

Risale al 15 agosto del 1176 la prima e più antica festa mariana nella città di Monreale, giorno in cui, alla presenza di re Guglielmo II, è inaugurata l’abbazia, ed è solennemente consegnato il Privilegio di Concessione o Atto di Donazione.

La solenne consacrazione avvenne solo sotto il regno di Carlo d’Angiò il 25 aprile 1267 dopo circa 95 anni dall’inizio dei lavori. Cerimonia presieduta dal cardinale Rodolfo (Raoul Grosparmi), vescovo di Albano, alla presenza di Papa Clemente IV, dedicazione alla «Natività della Beata Vergine Maria».

Nel 1270, durante il contesto della fallimentare ottava crociata, con la morte avvenuta a Tunisi, nella cattedrale fu sepolto Luigi IX, re di Francia, fratello di Carlo d’Angiò e futuro santo.

Nel 1483, i monasteri benedettini di San Placido CaloneròSan Nicolò l’ArenaSanta Maria NuovaSanta Maria di Licodia si costituirono in congregazione, la quale fu chiamata «Congregazione dei Monaci di San Benedetto in Sicilia». Essa fu approvata da Papa Sisto IV e furono concessi privilegi simili a quelli goduti dalla «Congregazione di Santa Giustina».

Nel 1504, con l’annessione dell’abbazia di Montecassino, la Congregazione benedettina di Santa Giustina mutò nome, chiamandosi appunto, Congregazione cassinese. Nel 1506 all’interno di quest’ultima confluì la Congregazione sicula.

Tra il 1547 e il 1569 lungo il fianco settentrionale della cattedrale fu realizzato il portico più antico, edificato su progetto di Giovanni Domenico Gagini e Fazio Gagini in stile rinascimentale, coperto con volta a crociera e aperto sull’esterno con undici archi a tutto sesto poggianti su colonne corinzie. In corrispondenza dell’arcata centrale sormontata da un tondo in terracotta invetriata raffigurante la Madonna col Bambino, si apre il portale laterale, i cui battenti bronzei furono realizzati intorno al 1185 da Barisano da Trani.[2][12] Nel 1559 fu realizzata gran parte della pavimentazione interna.

Nel 1595 l’arcivescovo Ludovico II de Torres promosse la costruzione della Cappella di San Castrense, l’altare contiene le reliquie del santo.

Durante il mandato pastorale di Giovanni Roano e Corrionero, nel 1690 – 1692 adiacente all’Absidiola di San Paolo sorse in stile barocco la Cappella della Crocifissione, su progetto del gesuita Angelo Italia di Licata. Grande committente d’arte, il prelato commissionò la sistemazione degli altari delle absidi adattando lo stile barocco alle forme architettoniche normanne. Tanto l’altare del Sacramento (Absidiola di San Paolo) che quello della Madonna del Popolo (Absidiola di San Pietro), sono uguali per quel che riguarda l’architettura, le forme, l’apparato decorativo e l’ornato a mischio.

Nel 1741 è effettuata la visita apostolica di Giovanni Angelo De Ciocchis, la relazione evidenzia i particolari intorno ai 72 feudi che fanno della mensa arcivescovile la più pingue delle diocesi isolane.

Nel 1770 è aggiunto il portico sul prospetto anteriore per iniziativa del vescovo Francesco Testa. Nel 1807 a seguito dell’impatto di un fulmine fu seriamente danneggiata la torre meridionale sinistra, con la distruzione totale dei due ordini di celle campanarie, che non furono mai ricostruite.

L’11 novembre 1811 un incendio distrusse il soffitto di matrice fatimida,[2] che fu restaurato tra il 1816 e il 1837, seriamente danneggiati il mosaico e le tombe reali. Durante i restauri furono realizzati i nuovi stalli del coro in stile neogotico, i sarcofagi di Guglielmo I e Guglielmo II ripristinati nella loro forma precedente.

Tra i viaggiatori che hanno visitato la località e decantato la bellezza del sito monumentale: Jean Houel (1776) , Henry Swinburne (1777 – 1778), Johann Wolfgang Goethe (1787), Léon Dufourny (1789), Carlo Castone Della Torre conte di Rezzonico 17 agosto (1793), William Andrew Paton (1902).