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VILLA PALAGONIA

Villa Palagonia (3).jpg
Di Jpbazard Jean-Pierre Bazard – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=23178189

Villa Palagonia, nota come “villa dei mostri”, è un edificio cintato settecentesco situato a Bagheria, in Sicilia.

Venne costruita a partire dal 1715 per conto di Ferdinando Francesco I Gravina Cruyllas, principe di Palagonia, ad opera dell’architetto Tommaso Maria Napoli che, con l’aiuto di Agatino Daidone si occupò, nel 1737, delle strutture basse che circondano la villa e, nel 1749, delle decorazioni interne ed esterne, su incarico di alcuni successori del principe.

In particolare all’omonimo nipote Ferdinando Francesco II, detto Il negromante (17221788), si deve la realizzazione dell’estesa sequela di figure mostruose che ne cingono le mura, per cui la residenza nobiliare di svago è famosa. Era figlio di Ignazio Sebastiano e di Margherita Alliata.[1]

La villa si stendeva, in realtà, a ridosso del corso Umberto a Bagheria, esattamente all’altezza dei due pilastri oggi indistintamente inglobati nella trama urbana della città. L’ingresso principale si trovava su corso Butera, ed era formato da un lungo viale, oggi diventato via Palagonia, al quale si accedeva tramite tre portoni. Di qui si profilava il lungo viale adornato da una fitta schiera di statue di mostri, scolpite in calcarenite. Segnato a metà dall’arco trionfale, tuttora esistente, detto anche arco del Padre Eterno, al quale i principi, rivolgevano la preghiera di ringraziamento, per essere arrivati alla meta. Il viale divenuto strada urbana, è stato depauperato delle tante statue che lo adornavano. Delle schiere di mostri, ne sopravvivono sessantadue, ma originariamente avrebbero dovuto ammontare a duecento circa.[2] Nel 1885, dopo l’estinzione della famiglia principesca, la costruzione venne acquistata dalla famiglia Castronovo, che ne sono tuttora proprietari, ed è parzialmente aperta al pubblico.

Il 9 aprile 1787 la villa fu visitata dal poeta Johann Wolfgang von Goethe, che così descrisse la bizzarria dell’esterno dell’edificio nel suo memoriale Viaggio in Italia:

«Per trasmettere tutti gli elementi della pazzia del principe di Palagonia, eccone l’elenco. Uomini: mendicanti dei due sessi, spagnuoli e spagnuole, mori, turchi, gobbi, deformi di tutti i generi, nani, musicanti, pulcinella, soldati vestiti all’antica, dei e dee, costumi francesi antichi, soldati con giberne e uose, esseri mitologici con aggiunte comiche (…) Bestie: parti isolate delle stesse, cavalli con mani d’uomo, corpi umani con teste equine, scimmie deformi, numerosi draghi e serpenti, zampe svariatissime e figure di ogni genere, sdoppiamenti e scambi di teste. Vasi: tutte le varietà di mostri e di cartocci che terminano in pance di vasi e piedistalli. Immaginate tali figure a bizzeffe, senza senso e senza ragione, messe assieme senza scelta né discernimento, immaginate questi zoccoli e piedistalli e deformità allineate a perdita d’occhio: e proverete il penoso sentimento che opprime chi si trova a passare sotto le verghe da questa follia. (…) Ma l’assurdità di una mente priva di gusto si rivela al massimo grado nel fatto che i cornicioni delle costruzioni minori sono sghembi, pendono a destra o a sinistra, così che il senso dell’orizzontale o della verticale, che insomma ci fa uomini ed è fondamento di ogni euritmia, riesce tormentato e torturato in noi. E anche questi tetti sono popolati e decorati di idre di piccoli busti e di orchestre di scimmie ed altre dabbenaggini.»

Ne rimase, tuttavia, talmente impressionato che ne La notte di Valpurga del Faust tracciò la descrizione inconfondibile di un gruppo di mostri presenti nella villa, quasi assurgendo, in questo modo, a puro esempio di demonico e di caotico romantico, tutto quel mondo di confusi incubi e di grottesche espressioni dell’inconscio, tanto singolare e concettualmente icastico da valergli, ad oggi, la categoria ad hoc di palagonico.

Il corpo di fabbrica centrale della villa, del tipo tradizionale a blocco chiuso, senza cortili interni, ha una pianta articolata in due elementi quadrati congiunti da una parte centrale curvilinea. Il piano terra è attraversato al centro da un passo carraio, che si allarga al centro in uno spazio ovale senza luce diretta. Il primo piano presenta quattro torrioni agli angoli e al centro un vestibolo ovale, che ripete lo spazio del piano inferiore. Da questo si accede al salone delle feste, riccamente affrescato e con il soffitto coperto da specchi. Oltre questo è presente la cappella gentilizia. Dal lato opposto si trova una sala da biliardo e sui lati gli appartamenti privati, costituiti da un serie di stanze l’una dietro l’altra. Al piano nobile si accede dal piano di campagna per mezzo di una scalinata a doppia tenaglia, con balaustre in pietra che ne accompagnano l’articolato disegno. Alla base è affiancata da due sedili in pietra, con schienali a linee spezzate di gusto barocco. A conclusione del prospetto, al di sopra della trabeazione, vi è un attico con elementi decorativi, tanto alto da nascondere le falde del tetto, mentre gli spigoli della fabbrica hanno il piano terra bastionato.[9] Le basse costruzioni che circondano l’edificio sono riccamente decorate da statue in calcarenite d’Aspra, che raffigurano vari personaggi uniti ad animali fantastici e figure caricaturali, dette mostri. A metà del viale d’ingresso si trova il cosiddetto Arco del Padreterno; fu invece demolito alla metà del XX secolo il grande Arco dei Tre Portoni (in dialetto Tri Purtuna).