FOLK BIKE

VILLA BUTERA

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La più antica, costruita nel 1658 e popolarmente nota come U Palazzu. Voluta da Giuseppe Branciforti, principe di Pietraperzia e Leonforte, venne concepita quale dimora lontana dalla dimensione della corte palermitana di cui il Branciforti aveva aspirato a diventare invano il reggente. Per tale motivo, sul portone d’ingresso della torre merlata tramite cui si accede al palazzo – non a caso rivolta ad occidente, verso Palermo – il principe fece scolpire «O corte a Dio». Sullo stesso fronte, sul portale d’ingresso, campeggia un’epigrafe in marmo che recita: Al mio Re nel servir qual’aspre e dure fatiche non durai costante e forte? E sempre immerso in importanti cure de le stelle soffrii la varia sorte. Tra le campagne alfin solinghe e scure spera la mente mia la propria morte, mentre vedovo genitor per fato rio qui intanto piango e dico «O corte a Dio». Sul lato opposto, quello orientale, sopra la porta principale si trova un’altra epigrafe marmorea che cita un sonetto di Miguel De Cervantes tratto dalla GalateaYa la esperanza es perdida, y un solo bien me consuela: que el tiempo, que passa y buela, llevarà presto la vida.Le statue di Ercole Michele Branciforti, Luigi XVI e Ferdinando I di Borbone nella Certosa di BagheriaIl prospetto settentrionale è opera di Giovanni Giglio (1769), mentre la cosiddetta Certosa, posta come fondale della Villa Butera, fu progettata da Vincenzo Fiorelli nel 1797. Si tratta di un edificio in stile neoclassico con portico colonnato e celle interne che – sino alla metà del XX secolo – contenevano statue a grandezza naturale in paglia e stoppa con il volto in cera raffiguranti personaggi celebri dell’epoca in abito di monaci certosini. L’idea di riunire le raffigurazioni statuarie fu dovuta ad Ercole Michele Branciforti, principe di Butera. Nel piano superiore della struttura, con decorazioni parietali di Giuseppe Velasquez e caratterizzata da una scala a chiocciola interna, si trovava all’ingresso la statua di un sacrestano con una piccola brocca in mano; più avanti, quella di un monaco certosino in atto di suonare una campanella appesa al muro. Proseguendo, in fondo ad un corridoio era presente la statua di un servitore con una scopa in mano; la prima cella, a destra, accoglieva le statue di uno schiavo moro che serviva il pranzo all’ammiraglio Orazio Nelson e alla regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Nella seconda cella, seduto ad un tavolo, vi era Comingio in rapimento amoroso e, nella terza, la delicata figura di Adelaide; si trattava dei protagonisti del melodramma Adelaide e Comingio (1817) di Giovanni Pacini. Le statue di due monaci cucinieri erano presenti nella quarta cella, adibita a cucina con utensili. Nel corridoio, tornando indietro a sinistra, la statua di un certosino con pala e cesta; nella quinta cella, la statua del re Ruggero II di Sicilia intento a leggere un libro della biblioteca che si apriva sulle pareti. Nella sesta cella, intorno ad un tavolo campeggiavano le statue del principe Ercole Michele Branciforti, del re Luigi XVI e del re Ferdinando I di Borbone; durante una visita dello stesso Ferdinando I alla Certosa, il re vide il proprio ritratto statuario e ne rimase estremamente divertito. Nell’ultima cella era rappresentata la morte del principe Francesco d’Aquino insieme a John Acton, primo ministro della regina Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Nel 1889 la principessa Sofia di Trabia affidò la Villa Butera alle Figlie della Carità che la trasformarono in asilo infantile.