Gli anziani di Lollove tramandano un racconto leggendario sul borgo, secondo il quale, questo venne colpito dalla maledizione di alcune suore fuggite dalla chiesa di S.M. Maddalena a causa dell’accusa di relazione carnale di qualcuna di esse con i pastori del paese. Esse sarebbero andate via lanciando la seguente maledizione: “Lollove Sarai come acqua del mare; non crescerai e non morirai mai”.[6]
La leggenda che si tramanda per via orale da secoli riporta che Lollove ebbe origine da un ancora più antico villaggio detto Selene. Le traduzioni e indicazioni sporadiche su questo villaggio, della cui esistenza non è mai stata pubblicata alcuna prova documentale (fotografie, coordinate, ecc.), fanno risalire il termine dal greco Seleni, ovvero Luna. Tuttavia alcuni anziani lollovesi negano conoscere il villaggio scomparso con questa denominazione ma con quella di Elene, ovvero “Elena” in lingua sarda, del quale sarebbero ancora visibili le rovine dell’antichissima Chiesa che diede il nome al villaggio[senza fonte].
Rimanendo su una ricerca al momento prettamente teorica, quindi priva di una consolidata scientificità, il collegamento ipotizzabile secondo tali testimonianze, pertanto, è che Elene, Elena, Santa Elena, altra non era che Flavia Giulia Elena, moglie dell’Imperatore Costanzo Cloro, il cui culto era piuttosto diffuso nel territorio circostante[7].
Il presunto cranio di questa Santa, conservato nella cripta della Cattedrale di Treviri (Germania), riporta una dicitura: “CAPUT SHELENAE”, ovvero “Capo di S. Elena”. “SHELENAE”, forma contratta di “S. Helenae”, “Sancta Helenae”, da cui la forma contratta e “sardizzata” di “Selene” o “S. Elene”, quindi, potrebbe essere sempre lei, Santa Elena.
Lollove è un caratteristico borgo retaggio del medioevo, epoca durante la quale nelle vallate del Rio Sologo e del Rio Cedrino (allora Su Rivu Mannu) vi erano numerosi villaggi[8]. Di questi piccoli paesi medioevali Lollove è l’unico ad aver varcato l’epoca contemporanea e anche per questa caratteristica è oggetto di attenzione degli appassionati di quel periodo.
Dal punto di vista ecclesiastico, la parrocchia di Lollove costituiva un canonicato della diocesi di Ottana, con le annesse Bottidda, Burgos ed Esporlatu: questo canonicato fu, infatti, ereditato dalla diocesi di Alghero, e se ne trova traccia nei documenti risalenti agli anni Ottanta del XVI secolo[9]. Di fronte alla chiesa di Lollove fino a tempi storici i vecchi ricordano tre cippi.[10]
I vecchi di Lollove sostenevano che il loro paese nacque prima di Nuoro ed in un tempo andato era stato più grande di Nuoro.
Lollove aveva nella vallata un altro piccolo paese gemello[non chiaro], quello di Isalle, esistito ufficialmente fino al 1567, anno in cui venne designato dal Vaticano l’ultimo canonico di nome Umberto Mossone a reggere il locale Canonicato. Isalle però vivacchiò ancora per qualche anno dopo il 1600 con una popolazione intorno ai 15 abitanti che poi si estinse definitivamente fors’anche per una semplice epidemia influenzale. Isalle, appartenente alla diocesi di Galtellì, aveva come parrocchia il Canonicato di Santa Cristina e altre quattro chiese.[11] Probabilmente alcuni abitanti di Isalle confluirono a Lollove quando cessò di esistere il loro villaggio.[12]
Nella vallata di Marreri in agro di Nuoro, nell’area limitrofa a Lollove, esistono i ruderi di due chiese, San Bartolomeo (Santu Tomeu) e San Teodoro (Santu Tederu), probabilmente già appartenute a Lollove[senza fonte]. Altre chiese erano presenti sempre nelle vicinanze, e più precisamente sulle pendici del Monte Ortobene, nelle località di San Gavino (Santu Gabinzu), e di San Giacomo Maggiore (Santu Jacu). Queste chiese erano limitrofe ai ruderi della chiesa d’Itria dell’Ortobene.
Faceva parte in periodo spagnolo dell'”Encontrada de Nuero” con i villaggi di “Nuero (Nuoro), Locoy (Locoe) y Orgosolo”.
Lollove nel 1615 aveva 25 abitanti[13]
Nel XIX secolo, dal Dizionario Angius Casalis si apprende che:
«I lollovesi sono nella diocesi di Nuoro, e curati nello spirituale da un solo prete. La chiesa parrocchiale di antica struttura è sotto l’invocazione di s. Maria Maddalena. Il principale del paese la crede edificata da’ goti, perché la campana ha una iscrizione in caratteri gotici! Le feste principali sono per la titolare, per s. Biagio, e per s. Eufemia. Come non hanno ospiti, così se la godono essi soli quasi in famiglia e ballano a coro di voci. Il cimiterio è contiguo alla chiesa e sta fuori dell’abitato a pochi passi. Quanti nascono, tanti muojono in questo paese. I numeri del movimento della popolazione sono nascite due, morti due, matrimonii due.» |
Lollove aveva nel 1838[14] 180 abitanti di cui 25 agricoltori, 20 pastori e due o tre dediti ad altri mestieri, la consistenza in bestiame era nel 1838 il seguente: 600 vacche, 2000 pecore, 500 capre, 150 porci.
Nel 1860 Lollove fu colpita da un’aggressiva epidemia di vaiolo, ci furono molte vittime e la comunità di Lollove con Pietro Siotto, ultimo sindaco del paese, protestò vibratamente con le autorità per lo stato di abbandono del paese, inviò anche una lettera al quotidiano La Nuova Sardegna, perché lo Stato aveva lasciato il paese senza strada per Nuoro e senza cimitero.
Lollove è stato Comune fino alla seconda metà del 1800. Il salto comunale comprendeva la sponda destra (dando alle spalle alla sorgente) del Rio Lucula, sottostante la città di Nuoro, e del Rio Sologo nella vallata di Marreri, dove il rio precedente confluisce. Infatti nel 1857 divenne frazione del Comune di Nuoro dopo un’iniziale valutazione di accorpamento a un altro comune viciniore.
Al 1896 risale la descrizione del paese fatta dallo scrittore nuorese Sebastiano Satta. Satta riferisce che allora a Lollove abitavano trecentosessantasette abitanti in cinquantasei case e che le vie erano ostruite da rocce che ne impedivano il transito ai carri ed ai cavalli.[15]
La scrittrice nuorese Grazia Deledda, Premio Nobel per la letteratura, ambientò a Lollove il romanzo La madre.
Malgrado la richiesta dei suoi abitanti a Lollove non fu mai concessa dalla città capoluogo la circoscrizione, e nella seconda metà del 1900 vide perdere tutti gli uffici pubblici (carabinieri, scuole ecc.), nonostante nel 1950 avesse ancora oltre quattrocento abitanti.