La Rocca Montis Dragonis è una rocca medievale costruita sul Monte Petrino e che si affaccia sulla città di Mondragone. Sulla sua sommità vi si recarono una parte dei superstiti della colonia di Sinuessa dove edificarono i primi insediamenti. La sua costruzione è avvenuta in epoche differenti poiché le torri, che ancora s’intravedono, hanno forme diverse: quadrate e circolari.
Le più antiche notizie della Rocca Montis Dragonis sono più o meno certe, alcune ancora avvolte da dubbi e da misteri. La sua costruzione e tutta l’architettura risale sicuramente al periodo del Medioevo perché ha come caratteristica dell’epoca le cosiddette “bocche da fuoco” e i propugnacoli. La struttura dei cornicioni, delle volte e delle finestre, nonché i materiali usati, indicano, tuttavia, che l’ultima modifica strutturale della Rocca sia stata effettuata tra il 1400 e il 1500 (periodo aragonese, come si vedrà più avanti).
Sulla sommità del Monte Petrino, si erge il maestoso palazzo: edificio di forma a “L”, composto da due piani. Il secondo livello, attualmente, si intravede soltanto poiché, oltre all’erosione di tempo e natura, anche con i bombardamenti delle guerre mondiali ha subito ingenti danni strutturali. Lo stesso è circondato da piccole costruzioni che scendono verso nord e che sono nate dalle prime vere edificazioni (a sostituzione dei villaggi) fatte prima dai longobardi, ampliate dai normanni e completate dagli aragonesi. Al piano terra, poi, non vi sono vani di entrata, ma solo cinque bocche da fuoco larghe non più di 70 centimetri. Il piano superiore, per quel che resta, aveva cinque magnifiche finestre, larghe 1,80 alte 3,10 con cimase a triangolo.
Inoltre, il palazzo era composto nel suo interno da cinque camere e tra queste un lungo e largo camerone. L’entrata, vista la difficoltà d’accesso nella parte frontale, doveva essere laterale o posteriore. Misteriosi, invece, sono gli indizi di ipotetici sotterranei. Alcuni affermano che essi conducano alla base del Monte e addirittura che vi fossero collegamenti con l’attuale Palazzo Ducale. Ma tali testimonianze non risultano dimostrabili. Ciò che può essere menzionata tuttavia, è una grotta sotterranea scoperta in località San Rocco, sulla via appia antica, che costeggia il Monte Petrino. In questa zona, all’interno della chiesa sconsacrata di San Rocco (XVII sec. d. C.), durante i lavori di ristrutturazione di un ristorante e B&b, sui resti di una antica villa rustica del II sec. a.C., è stata rinvenuta una grotta che sembrerebbe proseguire al di sotto della strada, fino alla base del Monte. Essa, tuttavia, è stata fatta chiudere dalla Sovrintendenza dei Beni Culturali di Caserta e Benevento per mancanza di fondi e si attendono nuove iniziative archeologiche per la prosecuzione degli scavi.
Tornando alla Rocca, sulla cresta del monte, ad un centinaio di metri di distanza, nella parte occidentale, si erge una torre a forma rotonda, che si presume mettesse in comunicazione il castello con un passeggiatoio superiore, dall’incredibile panorama.
La zona abitata, invece, situata in prossimità del palazzo, era formata da una serie di strutture ad un solo livello, ove si scorgono tuttora i fori per le travi delle soffitte, agganciate in modo tale che il tetto fosse delle stesse dimensioni delle fondamenta. Vi sono, inoltre, alcune cisterne, molte delle quali scoperte durante le campagne di scavo e che evidentemente avevano l’utilità di immagazzinare l’acqua piovana. Tra queste una vasca grandissima, situata sulla sommità del monte, lunga e profonda circa 4 metri e larga 15, le cui pareti sono rivestite di un intonaco doppio e resistente.[
Gli scavi archeologici[3], finanziati dal Comune, dal 2003 al 2009 hanno permesso di ricreare le condizioni di vita di quel periodo e le strutture di quel complesso fortificato ubicato sul monte. L’insieme architettonico della Rocca costituisce un nucleo insediativo fortificato di notevole interesse e di particolare rilievo per le caratteristiche di occupazione del territorio. Le indagini svolte durante le campagne di scavo hanno permesso di dimostrare lo stato di conservazione di tutto l’insediamento che, pur presentandosi completamente abbandonato e con tutti i singoli edifici in stato di rudere, conserva ancora leggibile sul terreno la disposizione topografica dell’ultima fase di occupazione risalente al periodo tardo-medievale, non avendo subito rioccupazioni o rifacimenti successivi.
Sono stati identificati tre insediamenti principali: un insieme di strutture realizzate sulla parte rocciosa che costituisce la piana sommitale del Monte Petrino, il quale comprende un edificio di grandi dimensioni, con forma ad “L”, una grande cisterna, alcune più piccole e altre strutture, costruite l’una attaccata all’altra su una prima cortina muraria. In particolar modo, nella parte sommitale, negli ultimi anni di scavi archeologici, è stata fatta una importante scoperta. È stata rinvenuta una fornace, a pianta circolare, probabilmente utilizzata per la produzione del vetro e ceramica, risalente al XII secolo e realizzata in pietre di calcare. Lo stato di conservazione è quasi integrale, rappresentando un unicum in Italia.Vista laterale dei resti del Palazzo medievale della Rocca
Sul versante orientale ed in particolare sul crinale, si sviluppa un primo villaggio, racchiuso entro un’ulteriore cinta muraria, con due porte d’accesso ed un torrione pentagonale all’estremità occidentale. Il villaggio/borgo, che si sviluppa direttamente a ridosso del recinto fortificato superiore, verso ovest, è caratterizzato, altresì, dalla presenza di un piccolo edificio religioso, da alcuni edifici di grandi dimensioni con più ambienti e da un articolato sistema di approvvigionamento delle acque piovane che si può notare attraverso una serie di piccole cisterne comunicanti tra loro. La piccola chiesa scoperta è caratterizzata da un’unica navata, monoabsidata e, in epoca successiva, fu utilizzata come area cimiteriale. Difatti la pavimentazione è stata asportata in vaste porzioni per consentire la deposizione di sepolture.
Sul versante sud dell’altura, ci si trova in un secondo villaggio caratterizzato da una serie di abitazioni a tre o quattro ambienti. Terza ed ultima cortina muraria racchiude ad est ed a ovest l’intero complesso con due tratti rettilinei disgiunti, orientati nord-sud. Ulteriori strutture difensive sono ubicate lungo il crinale che scende verso il mare: si tratta di un lungo antemurale di notevoli dimensioni, potenziato da due torrioni e conservato solo in fondazione, che doveva separare, con funzione di difesa, il versante nord dell’altura – unico sentiero di accesso all’insediamento fortificato – da quello sud, inaccessibile perché molto ripido e privo di vegetazione.
Tra i numerosi edifici che compongono la Rocca (ad oggi ne sono stati identificati tredici) è stato portato alla luce, durante le campagne di scavo, un ambiente composto da varie stanze e dotato di ben due cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, ubicato alle spalle della chiesa. L’articolazione interna dell’edificio fa pensare a un uso del corpo di fabbrica diverso da quello semplicemente abitativo: molto probabilmente si trattava di un magazzino per la raccolta e la distribuzione di derrate, forse con il piano superiore adibito ad abitazione. L’abbandono del complesso, in base ai dati materiali e numismatici, avviene alla fine del XV secolo d.C.
L’individuazione della fornace ha permesso di cristallizzare ciò che è stato ipotizzato nei primi anni di scavo[4] sulle potenzialità economiche della zona, connotata come area di cultura “aurunca”. Gli Aurunci, popolazioni italiche definite dalle fonti letterarie Ausones, vengono considerati i più antichi popoli della Campania.[5]. Tra l’altro l’insediamento fortificato della Rocca Montis Dragonis ha un suo precedente nell’esteso villaggio di capanne sviluppatosi tra la fine dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro, noto come “Villaggio dei Ciclamini[6]“, abitato per secoli dai discendenti degli Ausones. La parte centrale del villaggio, che si trova nel punto più alto del Monte Petrino, 412 m.s.l.m., fu coperta inevitabilmente durante il Medioevo dalle case e dalle strutture difensive costruite sulla Rocca.
Durante il processo di romanizzazione, proprio quei territori divennero il palcoscenico delle battaglie tra i Romani e gli Aurunci, iniziate già a partire dal 503 a.C[7] “Partiti da Sora, i consoli trasferiscono la guerra nelle campagne e nelle città degli Ausoni. L’arrivo dei Sanniti in concomitanza con la battaglia di Lautule aveva infatti favorito un’insurrezione generale, e in molte zone della Campania erano stati organizzati complotti contro Roma, tanto che neppure Capua restò esente da sospetti. […] Così vennero occupate le porte e nello stesso istante anche le tre città (n.d.a. dei popoli italici) furono catturate, con il medesimo espediente. Ma poiché l’assalto non avvenne alla presenza dei capi, non vi fu freno al massacro, e gli Ausoni vennero decimati per un’accusa di tradimento poco affidabile, come se si fosse trattato di una guerra all’ultimo sangue”.
Anno 314 a.C, gli Aurunci vennero massacrati dagli invasori ed ebbe inizio il processo di trasformazione, o meglio adeguamento, dei centri rurali alle nuove esigenze dei Romani, sia in senso politico che amministrativo. Fecero passare, proprio in queste zone, il percorso della via Appia nel 312 a.C. e si gettarono le basi per la fondazione dell’antica colonia di Sinuessa nel 296 a.C., ubicata nell’attuale territorio del Comune di Mondragone, che divenne famosa all’epoca per le sue aquae Sinuessanae (acque termali) e per la commercializzazione del vino falerno[8]. In queste terre, nel 217 a.C., vi fu un feroce scontro tra i romani e i cartaginesi guidati da Annibale. Questi si portò sino alle mura della città causando ingenti danni alle colture locali anche se non riuscì mai ad avere la meglio e fu costretto a ripiegare. “[…] mise a ferro e fuoco il Falerno, ed i coloni di Sinuessa […]”[7].
Quando Sinuessa inizió lentamente a scomparire (persecuzioni, invasioni barbariche e cataclismi naturali), parte dei superstiti si rifugiarono sul Monte Petrino creando i primi villaggi[9].
Altri Insediamenti, databili alla seconda metà del IV al III sec. a.C, sono stati rinvenuti in molte aree dell’ager Falernum, ma particolarmente significativi appaiono quelli individuati a sud di Mondragone, in località Pineta Nuova, un’area che si trova tra l’attuale corso del fiume Savone (fiume Savo) a nord e quello del fiume Volturno a sud[10]. In queste zone è stato scoperto un santuario, che prese il nome di “Panetelle”, scoperto in una prima campagna di scavo condotta dall’archeologo W. Johannowsky e N. Valenza nel 1969 e che fu oggetto di studi per altri due scavi, uno nel 1975 dallo stesso archeologo e un altro nel 1977 da G. Tocco, con la partecipazione di V. Sampaolo.