Il ponte Leproso è un ponte di origini romane alla periferia di Benevento, dalla tipica struttura a schiena d’asino, che permetteva alla via Appia di superare il fiume Sabato.
Il ponte fu costruito probabilmente dal censore Appio Claudio Cieco nel III secolo a.C., in occasione dell’apertura della via Appia, forse riutilizzando un precedente ponte dei Sanniti. Fu restaurato da Settimio Severo e dal figlio Caracalla nel 202. Al suo sbocco sorgeva un criptoportico, tramutato poi in chiesa dedicata ai Santi Quaranta, martiri a Sebaste.
Fu distrutto dai Goti di Totila nel VI secolo, durante il saccheggio di Benevento, e successivamente ricostruito. Secondo lo storico Zigarelli, l’uccisione di Manfredi di Svevia da parte di Carlo d’Angiò durante la battaglia di Benevento (1266) avvenne presso questo ponte, e non al ponte Vanvitelli.
Nel corso dei secoli fu altre volte rimaneggiato; dopo il terremoto del 1702, la ricostruzione di Giovan Battista Nauclerio ridusse le arcate da cinque a quattro. Oggi della struttura originaria rimane solo uno dei piloni, costruito in opera quadrata, con superfici a vista sbozzate “a bugne rustiche”. Recentemente il ponte è stato chiuso al traffico veicolare.
Il ponte in origine si chiamava Marmoreo (Lapideo nei documenti). Il nome attuale deriverebbe da un vicino ospedale per i lebbrosi dell’alto Medioevo, del quale però non si hanno notizie. Il nome è attestato per la prima volta nel 1071, in un diploma di concessione del principe longobardo Landolfo VI a favore di Dacomario, all’epoca rettore della città. Il documento, facente parte della “Cronaca di Santa Sofia”, è conservato nella Biblioteca Vaticana.
Durante il XIX secolo il ponte veniva anche chiamato ponte di San Cosimo, dal nome di una chiesa che sorge nelle vicinanze.