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NINFEO VILLA DEI QUINTILLI

Villa quintili.jpg
Di BRUNNER Emmanuel (Manu25) – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2551912

La villa sorgeva lungo l’Appia Antica, dove si apriva l’ingresso monumentale, estendendosi verso nord sul poggio creato da una lingua di lava proveniente da antiche eruzioni del Vulcano Laziale, fino al corso d’acqua torrentizio (detto – ancor oggi – Fosso dello Statuario)[2] che l’erosione aveva scavato ai suoi piedi.

Dai bolli laterizi rinvenuti, il nucleo della villa è databile alla tarda età adrianea, cioè alla prima metà del II secolo[3]. I nomi dei proprietari sono stati rilevati dalle condutture in piombo (fistulae aquariae) su cui erano incisi. Si trattava dei due fratelli Sesto Quintilio Condiano e Sesto Quintilio Valerio Massimo, nobili, colti[4], consoli entrambi nel 151, e grandi proprietari fondiari. Tenuti in grande onore da Antonino Pio e Marco Aurelio, la loro ricchezza e fortuna suscitò l’avidità di Commodo, che li accusò di aver congiurato contro di lui e nel 182183 li fece uccidere, appropriandosi dei loro beni[5].

La grande proprietà divenne così una villa imperiale. Funzione che sembra aver mantenuto, stando alla datazione dei restauri e ad iscrizioni, citazioni e ritratti, fino all’imperatore Tacito, cioè fino a tutto il III secolo.

Il complesso rimase poi parzialmente in uso fino al VI secolo (sono stati ritrovati bolli laterizi dell’epoca di Teodorico). Al periodo alto-medioevale sono attribuibili ulteriori tracce di utilizzo consistenti in ceramiche e sepolture individuate in alcuni ambienti della villa.

Come accadde per tutte le antiche proprietà imperiali, il fundus dei Quintili passò nei secoli in proprietà di varie istituzioni ecclesiastiche: nel X secolo lo troviamo citato nel patrimonio del monastero di Sant’Erasmo al Celio, poi, dal XII, in quello di Santa Maria Nova (oggi Santa Francesca romana). La tenuta – che veniva detta anche Roma Vecchia, forse per l’imponenza dei ruderi – passò poi (alla fine del Settecento) in proprietà dell’Ospedale del Santissimo Salvatore ad Sancta Santorum (oggi Ospedale di San Giovanni in Laterano), e nel 1797 fu venduta dal Monte di Pietà, che gestiva i beni dell’Ospedale, a Giovanni Raimondo Torlonia, al quale Pio VI fornì qualche anno dopo anche l’omonimo marchesato, appositamente creato.