L’anfiteatro venne costruito in funzione dei vicini Castra Albana, l’accampamento della Legio II Parthica fondato dall’imperatore Settimio Severo (193–211): tuttavia, la datazione dell’anfiteatro è posteriore a quella dei castra, ed è collocabile attorno alla metà del III secolo.[1] La capienza dell’impianto, la cui lunghezza massima era di 113 metri,[2] oscillava tra le 15.000 e le 16.000 persone.[3]
Tito Flavio Domiziano, figlio secondogenito dell’imperatore Tito Flavio Vespasiano, non appena salì al trono nell’81 iniziò la costruzione di una imponente villa imperiale suburbana sui Colli Albani, la villa di Domiziano a Castel Gandolfo: se il palazzo e gli edifici principali (il teatro, lo stadio ed i ninfei) erano collocati nell’area dell’attuale villa Barberini a Castel Gandolfo, nella zona extra-territoriale della Villa Pontificia di Castel Gandolfo,[4] il perimetro della proprietà imperiale si estendeva complessivamente per tredici o quattordici chilometri quadrati attorno al lago Albano,[5] nel territorio di ben cinque comuni odierni. La maggior parte degli archeologi, fino all’inizio del Novecento, è stata convinta che l’anfiteatro di Albano fosse da ricollegare a questa villa domizianea, in considerazione di numerose testimonianze dei autori antichi[6] su giochi gladiatori e circensi che si tenevano nella villa albana dell’imperatore. Tuttavia, la differenza della tecnica costruttiva utilizzata per le fabbriche della villa con quella presente nell’anfiteatro hanno spinto prima il Westphall e poi Giuseppe Lugli a datare l’edificio ad età posteriore a Domiziano.