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MONASTERO SANT’ANNA DE AQUIS VIVIS

Il Monastero di Sant’Anna a Monte è un antico edificio religioso che si trova sulla cima del Monte Crestagallo nel comune di Mondragone, in provincia di Caserta (Campania).

Il Monastero è soprannominato De Aquis Vivis (letteralmente Delle Acque Vive) per via della sua vicinanza ad una sorgente di acque perenni, considerate miracolose.[

La storia del Monastero risale almeno al XIV secolo, periodo in cui un gruppo di umili eremiti si stabilì sulle alture del Monte Crestagallo nella provincia di Terra di Lavoro. Lì i confratelli iniziarono a vivere in povere celle di fortuna e il loro sostentamento si basava pressoché sulla sola elemosina.[2]

Successivamente, sempre in quel periodo, si vide sorgere una chiesetta di umile costruzione e dedicata a Sant’Anna, la madre di Maria.[2] Il ringraziamento per la sua edificazione si deve all’allora regina consorte di NapoliSancha d’Aragona (12851345), moglie di re Roberto d’Angiò. Infatti, alla richiesta di un essenziale appezzamento di terra coltivabile per la sopravvivenza degli eremiti, il 1º ottobre 1325[3] la regina concesse loro con generosità e devozione ben 12 moggi di terreno (corrispondenti a circa 40.378  attuali).[2] Con il suo beneplacito, quindi, la regina autorizzò fra Benvenuto da Sarzana ad aggiungere all’allora piccola Chiesetta di Sant’Anna alcune celle, che sarebbero servite ad aiutare tutti gli eremiti ad avere maggiore riservatezza nei momenti di preghiera.

Con l’aumentare del numero di confratelli, si rese necessaria l’affiliazione a un ordine religioso. Si misero sotto la regola dell’Ordine di San Benedetto (Benedettini) e furono posti sotto la giurisdizione del Monastero del Sacro Speco di San Benedetto a Subiaco, in Lazio.[2] Il come mai non si posero sotto la tutela della più vicina Abbazia di Montecassino non è noto, forse per avere più autonomia.[2] Rimasero affiliati a Subiaco fino al 1467, anno in cui furono posti sotto Montecassino.[2]

Il 25 novembre 1342 la piccola chiesa venne ampliata a vero e proprio monastero, secondo le regole di San Benedetto, grazie all’autorizzazione di Bonaggiunta, vescovo di Carinola, il quale accolse le richieste di monaci inviati da Subiaco.[2] Tuttavia, la concessione stabiliva in cambio, tra le altre richieste, un pagamento pecuniario annuo.[2]

Nacque così un nuovo Monastero, al quale vennero poi donate ulteriori somme ed eredità da privati cittadini devoti, timorati per la propria anima o per quella dei loro defunti.[2]

Molto spesso in alcuni scritti antichi l’edificio religioso veniva chiamato erroneamente “Convento di San Benedetto” sito in località di Sant’Anna di Rocca Mondragone.[3]

Per quanto riguarda l’interesse e l’assenso reale, il monastero venne retribuito di 12 (poi 14) once d’oro annualmente, somma stabilita per volere della regina Giovanna I di Napoli.[2] Tale somma venne successivamente confermata anche dal re Carlo III di Napoli e dalla regina Giovanna II di Napoli.[2] Inoltre, la regina consorte Margherita di Durazzo, moglie di Carlo III, concesse ai monaci la possibilità di costruire un mulino.

Con il passaggio dalla giurisdizione di Subiaco a quella di Montecassino nel XV secolo, il destino del monastero di Sant’Anna attraversò lentamente un lungo declino.[2]

Il monastero fu infatti abbandonato, ripreso e restaurato più volte, fino agli inizi del XVIII secolo, quando furono realizzate nuove decorazioni con la speranza di far risorgere nuovamente l’interesse dei fedeli in quel luogo.[2] Ma ormai la vita locale si era sviluppata al disotto del monte e le chiese di pianura, più velocemente e facilmente raggiungibili, crescevano brulicanti di fedeli.[2]

Così, abbandonato il luogo di culto, nel XIX secolo l’intera zona collinare venne acquistata da un ricco signorotto locale e rimase in mani private per un lungo periodo.[2] Durante questo spaccato di storia, il territorio del monastero venne interessato da nuove costruzioni e i terreni ospitarono varie colture.

Finito in mani private, vi rimase fino agli Anni ’80 del XX secolo, per poi venir donato alla Diocesi di Sessa Aurunca,[2] che dal 1818 aveva anche inglobato il territorio della ormai soppressa Diocesi di Carinola e alla quale faceva parte anche tutto il territorio di Mondragone.