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CATTEDRALE DI SAN CATALDO

Cattedrale di san cataldo.JPG
Di Livioandronico2013 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=30324725

La cattedrale di San Cataldo (o duomo di San Cataldo) è una chiesa di Taranto, precisamente la più antica cattedrale pugliese, inizialmente dedicata a santa Maria Maddalena poi a san Cataldo vescovo. Al Fago risale la proposta di riconoscere nel succorpo i resti della chiesa paleocristiana dedicata a Santa Maria, della cui esistenza nel VII secolo faceva fede una lettera di Papa Gregorio. Quella stessa chiesa che, secondo la “Historia” di Berlengerio (pubblicata dai Bollandisti nel 1680) e l’Ufficio, “paene collapsa”, sarebbe stata abbattuta dal vescovo Dragone in un momento variamente fissato al 1050 o 1070 o 1071, per essere sostituita da una nuova e più degna chiesa cattedrale. Alcuni studiosi tra cui (Pina Belli D’Elia) ritengono che in principio questa chiesa fosse un Santuario, curato dai monaci, dedicato a San Cataldo e non la cattedrale, non per altro perché il monaco Marinus ha trascritto il testo del “Sermo” al quale affidava la memoria dei miracoli di San Cataldo per edificare i suoi confratelli. Quindi si ritiene che la primitiva cattedrale paleocristiana, attestata almeno dal VII secolo, doveva essere posta fuori le mura e verosimilmente la sua collocazione potrebbe essere nell’area dove adesso si trova la chiesa del Carmine, non per altro ivi è conservata un torso di colonna in cui la tradizione tramanda che S. Pietro avrebbe celebrato la S. Messa.

Fu costruita per opera dei bizantini nella seconda metà del X secolo, durante i lavori di ricostruzione della città voluti dall’imperatore Niceforo II Foca.

Negli ultimi anni dell’XI secolo l’impianto bizantino venne rimaneggiato e si costruì l’attuale cattedrale a pianta basilicale. Tuttavia la vecchia costruzione non fu sostituita del tutto: il braccio longitudinale, ampliato e ribassato, incorporò la navata centrale con la profonda abside della chiesa bizantina, rimasta inalterata; l’altare è posto sotto la cupola e la vecchia navata divenne il transetto, tagliato poi dalle navate laterali, lasciando in vista una serie di colonnine che decoravano l’antica costruzione.

Nel 1713 fu aggiunta la facciata barocca, opera dell’architetto leccese Mauro Manieri.

Nell’ottobre 1964 papa Paolo VI l’ha elevata alla dignità di basilica minore.

I muri esterni, di stile semplice, sono decorati da una serie di archetti a specchiature, all’interno dei quali si disponevano conci bicolori che creano figure geometriche.

La facciata antica doveva presentare simili forme. Qui si dovevano aprire probabilmente tre portali, in stile romanico. Altri due portali si aprivano lungo le pareti laterali.

L’attuale facciata settecentesca è tagliata orizzontalmente da un architrave spezzato di stile barocco. Sui tronconi sono adagiati due angeli che guardano il rettangolo del finestrone centrale sul quale campeggia la statua in pietra di san Cataldo. In basso si apre l’ampio portale sulla cui trabeazione è incastonato lo stemma dell’arcivescovo Gian Battista Stella.

Sulle due fasce laterali suddivise in campi rettangolari si trovano quattro nicchie contenenti le statue di san Pietro apostolo e san Marco poste in basso ai lati del portale, e di san Rocco e sant’Irene in quelle superiori. Le nicchie sono sormontate da medaglioni culminanti a conchiglia. Il finestrone è contornato da ornamentazioni floreali e affiancato da due colonne tortili. Due angioletti adoranti fiancheggiano la statua di san Cataldo che sormonta il finestrone. Sull’architrave del grande portale è scolpito lo stemma dell’arcivescovo Stella che promosse la realizzazione dell’opera.

Nel XII secolo fu innalzato il campanile normanno e in seguito dal terremoto del 1456 fu necessario demolire la parte sommitale perché pericolante. Successivamente con i restauri dello Schettini nel 1952 fu completamente demolito e sostituito con l’attuale.

La cattedrale misura 84 metri di lunghezza e 24 larghezza, ha una navata centrale, due laterali e un transetto a una navata. Le tre navate sono divise da una duplice serie di otto colonne sormontate da capitelli di diversa fattura, alcuni dei quali di reimpiego da edifici antichi non più in uso. Le pareti interne, sia quelle della cripta sia quelle della chiesa, furono arricchite di stucchi e affreschi, oggi quasi scomparsi.

Nel XIII secolo le navate laterali furono dotate di altari e cappelle gentilizie, abbattute e ricostruite più volte.

La più antica era certamente quella dedicata a sant’Agnese, che sorgeva attigua al braccio sud del transetto, successivamente divenuta l’attuale cappella del Sacramento.

Alla sinistra dell’ingresso è ancora integra la cappella dedicata a san Giacomo[non chiaro], costruita per opera di Giacomo Protontino nel 1568 con l’altare di san Lorenzo, successivamente dedicata alle Anime del Purgatorio; la nuova denominazione fu assunta in seguito all’acquisizione della cappella da parte della confraternita del Santissimo Crocifisso e Purgatorio che vi ebbe sede fino a qualche anno fa.

Il vano attiguo sorgeva la cappella di santa Marta eretta nel 1432 da Angelo de Budaliciis, la tradizione vuole che qui fosse la cappella di san Giovanni in Galilea, nella quale furono rinvenute le spoglie poi identificate con quelle di san Cataldo. Nel 1600 fu destinato al battistero e ancora oggi vi si trova il fonte battesimale della più antica chiesa bizantina: un unico blocco di marmo rotondo e concavo, sormontato da un baldacchino retto da quattro colonne poligonali su cui poggiano le travi che reggono il cupolino centrale.

Nella zona antistante la facciata romanica, corrispondente all’attuale pronao, furono accolte le tombe dei personaggi più illustri della città. La struttura è pianta rettangolare, coperta da una volta piana, successivamente inglobata nella cattedrale e all’esterno della quale si erge l’attuale facciata barocca. Sulla parete sinistra del pronao vi è una tela raffigurante l’ingresso di san Cataldo nella città di Taranto. L’opera fu realizzata da Giovanni Stefano Caramia su commissione di monsignor Sarria, nel 1675. Sulla parte destra, invece, si presenta un’altra tela, dipinta da Michele Lenti da Gallipoli e risalente al 1773, in cui il santo patrono è rappresentato nell’atto di resuscitare un morto.

Le navate laterali sono ricoperte da un soffitto a capriate, mentre la navata centrale è adornata da un soffitto a cassettoni detto il “cielo d’oro della Cattedrale”. Il soffitto originario venne distrutto da un incendio nella notte di natale del 1635. Quello odierno, in noce, venne iniziato dall’arcivescovo cardinale Egidio Albornoz e completato dall’arcivescovo Caracciolo; nel 1713 l’arcivescovo Giovanni Battista Stella lo fece indorare a fuoco. È composto da quarantotto riquadri tra i quali vi sono incastonate due statue lignee raffiguranti san Cataldo e Maria Immacolata.

L’altare maggiore è sormontato da un ciborio del 1652 sorretto da quattro colonnine di spoglio cilindriche di porfido di reimpiego, al di sopra del quale si apre la cupola centrale con affreschi del pittore Domenico Torti da Roma.

All’interno dell’abside è il coro quattrocentesco, nel quale si possono ammirare tre tele, di artisti ignoti: l’Adorazione dei Magi, risalente ai primi decenni del Settecento, l’Assunta, sempre settecentesca, e il Riposo in Egitto, della seconda metà del Seicento.