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PARCO ARCHEOLOGICO AECLANUM

Aeclanum (Thermae-01).jpg
Di Dэя-Бøяg – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=40205336

Aeclanum (o anche Aeculanum) era una città romana situata presso l’attuale località Passo di Mirabella Eclano, in provincia di Avellino. Gli scavi archeologici condotti nel corso del XX secolo hanno permesso di rinvenire, oltre a copiosi resti della città romana, anche tracce di una frequentazione sannitica del sito antecedente alla colonizzazione romana.

Fondata alla fine del III sec a.C., l’antica Aeclanum fu uno degli insediamenti romani più importanti dell’Irpinia, posto tra le valli dei fiumi Calore ed Ufita, in località Passo di Mirabella. Situata su di un pianoro di forma triangolare, l’antica città era accessibile solo dalla via Appia, che attraversava l’abitato da ovest a est.

Saccheggiata da Silla nell’89 a.C., subito dopo divenne un municipium romano con diritto di voto. Nel 120 d.C., sotto l’imperatore Adriano, assunse lo stato di colonia: Aelia Augusta Aeclanum. Notevoli sono i resti della città romana: le terme pubbliche, situate su una piccola altura, la piazza del mercato coperto (macellum), alcune abitazioni e botteghe. Sono visibili anche i resti delle mura, alte circa 10 metri con almeno tre porte e torri di diversa grandezza. All’età tardo-antica risale la costruzione di una basilica paleocristiana con, al suo esterno, un fonte battesimale con pianta a croce greca e scalini per il rito ad immersione.

I primi lavori di scavi sono stati condotti a partire dalla prima metà del Novecento; in quegli anni, infatti, gli esperti portarono alla luce i resti delle terme, del macellum e anche delle prime, originarie, abitazioni in cui vivevano gli Irpini. Tra il 1970 e il 1980, poi, ulteriori lavori di scavi hanno portato alla luce importanti reperti. Tra i vari, l’esistenza di un’antica domus romana che gli abitanti della fortificazione, probabilmente, utilizzavano come magazzino. All’interno di questa, infatti, sono stati ritrovati vari e recipienti in terracotta che dovevano servire alla conservazione delle scorte alimentari. Sempre nei lavori degli anni ’80, poi, sono stati scavati resti di una basilica paleocristiana. Le origini di questa basilica risalgono ai tempi di Giustiniano. Si tratta di una costruzione particolarmente imponente che si caratterizza per la presenza di tre navate, un fonte battesimale e i tradizionali scalini per i riti religiosi.

In località Passo di Mirabella, frazione della città di Mirabella Eclano, sono visitabili gli scavi dell’antica città di Aeclanum, uno dei principali centri della tribù sannitica degli Irpini. La zona è posta tra le valli del Calore e dell’Ufita, ove è stata attestata la presenza dell’uomo sin dall’età preistorica, in quanto scavi archeologici effettuati negli anni ’50 nella vicina località “Madonna delle Grazie” dal professor G. O. Onorato hanno evidenziato le strutture arcaiche di un villaggio con annessa necropoli. Il popolo che dette poi origine agli Irpini giunse a contatto con i primitivi abitanti di stirpe osca insediati in quel territorio intorno al VI – V secolo a.C. e, superatone l’iniziale resistenza, si amalgamarono con quelle popolazioni unendo le tradizioni, gli usi ed i costumi. In seguito al loro stanziamento in quella parte dell’Italia centro meridionale vennero fondate diverse città come Aeclanum, Abellinum (Atripalda), Aquilonia (Lacedonia), Romulea (forse Carife), Aequum Tuticum (10 km a nord di Ariano Irpino). Tutti questi centri, a seguito degli sconvolgimenti causati dalle guerre sannitiche, furono in seguito conquistati dai Romani e ricostruiti secondo i criteri e le esigenze dei nuovi conquistatori. Il punto di partenza degli Irpini era, forse, l’Appennino sannita: essi si spostarono alla ricerca di territori più fertili a seguito di una primavera sacra (ver sacrum) e sotto la guida di un animale sacro (totem) simboleggiante il lupo (hirpos in lingua osca, da cui derivò il termine di irpini). L’archeologo Italo Sgobbo rinvenne, negli anni 30 del XX secolo, quattro monumenti epigrafici oschi: uno riportava il nome Mamers (nome osco del dio Marte), un altro rappresentava un’ara di tufo dedicata alla dea Mefite (esposta nel museo archeologico nazionale di Napoli) e facente parte di un luogo sacro collocato fuori dalle mura cittadine e sulla via Appia, un terzo indicante una non meglio identificata costruzione ordinata da Magio Falcio ed un quarto pertinente al culto del dio Fauno.

La città di Aeclanum, in età romana, aveva la forma di un corimbo ed un’estensione di 18 ettari, era difesa da una cinta muraria lunga 1820 m e costruita in opus reticulatum a prismi di travertino e di arenarie compatte. Le mura si ergevano per oltre 10 m ed erano interrotte da almeno tre porte delimitate ai lati da torri quadrate (turres), di oltre 5 m per lato, mentre ogni 20 m erano presenti torri più piccole (hemiturres), di 2,5 m per lato, che non superavano in altezza, come le più grandi, le cortine murali (perciò definite turres aequae qum moiro, cioè “torri alte quanto il muro. Lo spessore delle fortificazioni è compreso, nei vari punti, fra 2,12 – 2,40 m. Attraverso la porta occidentale entrava in Aeclanum la via Appia proveniente da Benevento, e ne usciva attraverso la porta orientale.

Al tempo della guerra sociale (89 a.C.), Aeclanum era protetta soltanto da una cinta di legno, incendiata poi da Silla quando, resosi conto che gli eclanesi aspettavano aiuto dai Lucani, ordinò di accatastare intorno alle mura fascine di sarmenti, bruciate dopo che trascorse il tempo concesso dal dittatore per arrendersi. Aeclanum infatti fu saccheggiata e occupata perché non si era arresa spontaneamente ai Romani ma anche per convincere le altre città irpine ancora insorte a deporre le armi. Dopo la guerra sociale, circa nell’87 a.C., la città divenne municipio con diritto di voto ed iscritta alla tribù Cornelia. Più tardi, all’epoca dell’imperatore Adriano (all’incirca nel 120 d.C.), assunse lo stato di colonia con la denominazione di “Aelia Augusta Aeclanum”.

Altre strade, oltre l’Appia, interessavano Aeclanum ed il suo territorio: la via Aemilia in Hirpinis che la collegava a Aequum Tuticum e la via Aurelia Aeclanensis che procedeva in direzione di Herdonia. Al periodo romano, per lo più imperiale, risalgono la costruzione ed il rifacimento di opere pubbliche come le terme, il macellum, il gimnasium, il foro, l’anfiteatro, il teatro e il “forum pecuarium” (mercato del bestiame da pascolo). Molte delle strutture sono state individuate tramite le iscrizioni lapidee superstiti, oppure ne sono state individuate le tracce o ne rimangono degli ampi avanzi che si prestano agli usi ipotizzati dagli archeologi. L’anfiteatro, di cui si conosce l’esatta posizione, presentava al tempo dello storico Raimondo Guarini la “pedatura”; lo stesso scrisse nelle sue “Ricerche sull’antica città di Eclano” (1814) che il luogo ove la struttura si trovava “chiamavasi … Colisèo” in alcuni documenti risalenti “di più di due secoli” e che “da persone degne” raccolse la testimonianza di “varie cave destinate al ricovero di bestie feroci”. Il macellum (mercato coperto), posto probabilmente nelle vicinanze del foro, presenta attualmente una piazzetta centrale rotonda ed una vasca che forse era adornata da un zampillo; la tholus macelli è costituita da alcuni pilastri in opus vittatum e la pavimentazione arricchita dal marmo. Le Terme sono il monumento di maggior rilevo degli scavi: la tecnica di costruzione è in opus mixtum e sono rintracciabili gli ambienti del tepidarium, del calidarium e del frigidarium. Nell’area delle Terme fu rinvenuta una pregiata statua marmorea raffigurante Niobide ed oggi collocata in una sala del museo irpino di Avellino, ove sono esposti numerosi reperti provenienti da Aeclanum. In un’altra occasione fu raccolta un frammento di statua di Arpocrate, datata al II secolo d.C. e che rappresenta il dio fanciullo con il corno dell’abbondanza. Tra le abitazioni private ben visibile è una domus di tipo pompeiano, che in epoca tarda è stata convertita ad officina per la lavorazione del vetro. Di rilievo sono, inoltre, i resti di una basilica paleocristiana con fonte battesimale (baptisterium) a forma di croce greca, con tre scalini sui quattro lati e rivestita in origine da marmo (un altro battistero simile a quello di Aeclanum è di pertinenza della città di Venosa). La basilica era a tre navate e, forse, con un portico sul davanti (nartece). Ad un livello inferiore rispetto all’edificio religioso fu scoperto un ambiente con quattro otrii giganti (dolii), adoperati per la conservazione delle derrate alimentari.

Sicuramente Aeclanum rappresentò una delle principali città del Sannio Irpino. Lo stesso Silla, dopo l’assedio di Pompei, si diresse direttamente contro la città, incurante di altri centri urbani come Nola o Abellinum, che erano sul tragitto. Si presume che possa aver ricoperto il ruolo di capitale sannita all’epoca della guerra sociale e che la popolazione contò sui quattro-cinquemila abitanti quando assunse il ruolo di colonia ed il suo territorio superò l’estensione di 700 km².[senza fonte] Nel 369 d.C. un violento sisma colpì Aeclanum con conseguenze disastrose: in un’epigrafe Umbonio Mannachio, di rango senatorio, è definito “fabbricatore ex maxima parte etiam civitatis nostrae”. Più tardi, nel 410 d.C., il passaggio di Alarico e dei Visigoti dalla Campania all’Apulia arrecò ingenti danni alla città. Fu coinvolta nelle guerre tra i Goti e i Bizantini nel VI secolo d.C., finché l’arrivo dei Longobardi (570 d.C.) ed il transito dell’imperatore Costante II di Bisanzio, diretto all’assedio della longobarda Benevento, soffocarono sotto un velo di distruzione le ultime tracce del passato romano. Al di fuori del circuito cittadino di Aeclanum, si possono ammirare ancora i resti di un edificio pubblico (dall’ignota funzione) con mura in reticolato e laterizio nel sito della chiesa di Santa Maria di Pompei crollata dopo il sisma del 1980. È visibile inoltre parte di una necropoli orientale (III-IV secolo d.C.) con monumenti e recinti funerari, posta ai lati della via Appia e nelle vicinanze della odierna via Nazionale Passo.