Il castello, di origine medievale, fu riedificato nel XVI secolo per volere della famiglia Gualtieri, come ricorda l’epigrafe sopra il portale: NICOLAUS EX ANTIQUISS. FAMILIA DE GUALTERIIS F.F. A pianta rettangolare con base scarpata, si articola su due livelli divisi esternamente da un toro marcapiano. Nel Settecento è stato oggetto di numerosi rimaneggiamenti volti a ingentilirne il prospetto e il cortile interno. Il castello viene ricordato nelle fonti come eccellente strumento di difesa, con un fossato, ancora visibile nell’Ottocento, e le cannoniere strombate disposte al piano terra per spazzare il lato a ovest e a sud. Verso est, un’epigrafe fu fatta apporre dal feudatario Giovanni Donato Prato per ammonire i nemici provenienti dal mare: 1618 FORTIS […] INDOMITU (S). Sulla facciata troneggia un’altra iscrizione: PROCUL THAUMANTIA PROLES DULCIOR CUM PULVERE PALMA NE QUID INVITA MINERVA. (State lontano, figlie di Taumante; la palma della vittoria è più dolce con la polvere, affinché tu non faccia niente contro la volontà di Minerva). Interessanti sono i doccioni zoomorfi e quello bicefalo rivolto verso sud. All’interno si distingue il portale adornato da motivi floreali, angeli e mascheroni che dal piano terra, dove trovavano posto le scuderie, il forno e i magazzini, conduce al piano nobile. Il castello venne acquistato agli inizi del XX secolo dalla famiglia dei Mangia, che ne ingrandì il piano nobile edificando l’ala orientale superiore del palazzo, precedentemente adoperata dai Gualtieri come terrazza, ed ingrandendo e porticando in pietra leccese la signorile scalinata che funge ancora oggi da ingresso principale al piano nobile, attualmente adibito ad uffici pubblici. I Mangia vi abitarono per buona parte del XX secolo, mantenendo operativi scuderie, forno e magazzini, sino alla dipartita di Giuseppe Mangia, che ivi trascorse gli ultimi anni della sua vecchiaia con al fianco la figlia Enrichetta e la nipote Maria Pia.