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BASILICA MINORE DI RANDAZZO

Randazzo's cattedral.JPG
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La basilica minore di Santa Maria è il principale luogo di culto in stile gotico – normanno ubicato nella piazza omonima della cittadina di Randazzo.[1]

Secondo la tradizione l’edificio sorge sul luogo ove in tempi remoti un pastorello scoprì, all’interno di una grotta, una fiammella ardente davanti all’immagine della Madonna che nessuno aveva visto prima. Sulla grotta si costruì prima un altare e poi una chiesetta in legno.

La costruzione di gran parte delle strutture attuali risale al periodo compreso tra il 1217 al 1239[2] come attesta un’epigrafe in caratteri gotici scolpita nella base di un pilastro della sacrestia. In essa sono segnate le date e le fasi dei vari completamenti.

Il campanile recava l’iscrizione “Magister Petrus Tignoso me fecit“. La lapide vulcanica esterna alla sacrestia “ANNO DOMINI MCCXXXVIIII ACTUM EST HOC OPUS“.[1]

Nel tempio si venerava la “Madonna del Pileri” alla fine del XVI secolo.

Appartengono a questa epoca i portali quattrocenteschi di tramontana e di mezzogiorno.

  • Lato nord: portale inserito in un arco gotico strombato incorniciato da colonne tortili con sviluppo elicoidale alterno su doppio ordine e sormontate da pinnacoli.
  • Lato sud: una doppia rampa di scale con sviluppo isoscele raccorda l’ingresso laterale destro alla sede stradale. Il magnifico portale si articola su tre ordini ove colonne, cornici decorate con motivi fitomorfi e vari livelli di strombature delimitano architravi e lunette inscritte sotto un unico arco.

Ornamento di grande pregio artistico, attribuibile a scuola pisana, è la statuetta marmorea raffigurante la Madonna, opera collocata in una piccola edicola nella lunetta superiore del portale sud. Degno di nota è lo stemma marmoreo con leone rampante, assunto come simbolo della città, lo scudo spicca sullo spigolo prossimo all’absidiola di sud – est.

Lungo il perimetro della chiesa si svolgeva la Fiera franca a partire dal 1476, autorizzata da re Giovanni d’Aragona, che si svolgeva per ben 9 giorni – 4 giorni prima e 4 dopo il 15 agosto – contestualmente all’evento processionale della Vara. Il 16 agosto si correva il Palio.

Nel 1589 il tempio subì la prima trasformazione all’interno per opera del grande architetto toscano Andrea Calamech. L’artista curò la progettazione del rifacimento secondo stilemi rinascimentali d’influsso brunelleschiano con elementi siculo – catalani. L’intervento comportò l’ingrandimento del tempio con la trasformazione a tre navate, ambienti ripartiti da colonne monolitiche di basalto e impianto a croce latina.

Dal severo e cupo stile gotico originario la costruzione fu trasformata ammorbidendola con linee rinascimentali permeate da elementi siculi. Completata nel 1594, risentì nello stile e nelle linee degli influssi, contaminazioni, accorgimenti e particolari architettonici riscontrabili nella chiesa di San Lorenzo e nella chiesa di Santo Spirito di Firenze.

Nel 1751, assieme alla chiesa di San Martino e alla chiesa di San Nicola, fu insignita del titolo di collegiata,[3] con facoltà di elezione delle Dignità Capitolari, e concessione dei privilegi canonicali, compresa la Cappa di Coro e l’Ermellino, privilegi confermati dalla Santa Sede nel 1785.

1787 – 1805. Per la creazione del transetto, della crociera e l’innalzamento della cupola intervenne il palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia già impegnato a dirigere lavori pressoché identici, ma di portata maggiore, presso la cattedrale metropolitana primaziale della Santa Vergine Maria Assunta di Palermo. Con il suo apporto, all’interno ciò che restava della linea gotica ha lasciato definitivamente spazio al rifacimento rinascimentale con colonne laviche monolitiche di grandissimo effetto architettonico, il cui nero di natura vulcanica risalta sul bianco dell’intonaco, contribuendo ad accentuare la solennità delle linee, la morbidezza delle forme e dei volumi.

Nel decennio 1852 – 1863 l’architetto siracusano Francesco Saverio Cavallari, completò la facciata e ricostruì il fatiscente campanile del XIV secolo,[4] ispirandosi agli esempi normanni della capitale dell’isola. Fu così creato un complesso architettonico di grande effetto grazie al contrasto delle modanature e cornicioni in calcare di Siracusa, molte delle quali sono originali e appartengono al vecchio campanile diroccato. Archi ogivali, monoforebiforetrifore, pinnacoli, delicate merlature, culminano con un tetto a guglia a base esagonale.